Maestra trovata morta nel bosco: Nadia è stata avvelenata e poi soffocata

Como, interrogato ancora il cognato arrestato alla frontiera

Il luogo in cui è stata ritrovata Nadia Arcudi

Il luogo in cui è stata ritrovata Nadia Arcudi

Rodero, 22 ottobre 2016 - Nadia Arcudi non si è difesa. Non ha cercato di liberarsi da chi l’ha aggredita, di sottrarsi e scappare mentre veniva soffocata. Sul suo corpo, non sono rimasti segni di lotta, di un tentativo di rimanere in vita. Secondo chi sta indagando sulla sua morte, questa assenza di graffi e di lesioni, indicherebbe la possibilità che la donna possa essere stata avvelenata o tramortita con farmaci prima dell’aggressione. Una risposta che arriverà dagli esami tossicologici disposti dal sostituto procuratore di Como Massimo Astori, titolare dell’indagine in Italia. Il medico legale, al termine dell’autopsia che si è svolta lunedì, ha infatti svolto una serie di prelievi per accertare questi aspetti, così come per avere conferma definitiva che la causa della morte è stata il soffocamento. Inoltre il genetista incaricato dalla Procura di Como, sta lavorando sulla ricerca di eventuali tracce biologiche, per quanto il corpo di Nadia, sia rimasto per ore esposto alla pioggia torrenziale scesa tra venerdì sera e sabato pomeriggio, oltre che al contatto con gli animali del bosco. Durante le sue frammentarie ammissioni, che al momento appaiono poco convincenti e assolutamente discordanti, l’unico indagato per questa morte, Michele Egli, tecnico informatico di 42 anni cognato della vittima, ha affermato di averla trovata già esanime, o apparentemente in questa condizione. Per non esporre i familiari allo choc di trovarla morta in casa a Stabio, in Canton Ticino, l’avrebbe quindi avvolta in un tappeto, coperto la testa con un sacchetto di plastica, e portata nel bosco di Rodero, poche centinaia di metri dopo il confine tra Svizzera e Italia, abbandonandola.

Quanto quel sacchetto sia stato determinante nel causarle la morte, è uno degli aspetti più importanti di questo delitto. Egli, che ha ormai affrontato due interrogatori, sostiene di non essere stato lui ad ucciderla, ma sia in Italia che in Svizzera, dove è stato arrestato martedì notte, è accusato di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Nel frattempo, nel rispetto degli accordi bilaterali, la Procura di Como ha messo il corpo della vittima a disposizione dell’autorità giudiziaria svizzera, per consentire di svolgere gli accertamenti tecnici ritenuti necessari. I permessi sono pronti da ieri, e ora la polizia ticinese dovrà comunicare quando intende far rientrare il corpo. Ma a Como, i carabinieri del Reparto Investigativo stanno proseguendo nel corposo lavoro di ricostruzione di quanto accaduto, iniziato domenica pomeriggio, quando è stato trovato il cadavere della maestra trentacinquenne. All’appello mancano ancora il tappeto che sarebbe stato usato per avvolgere la donna, e un paio di sue scarpe. Che fine abbiano fatto, è ancora da capire.