Morti in corsia a Saronno, Cazzaniga: "Mi disgusta la mancanza di etica"

Continua l'intervista esclusiva con l’ex aiuto primario del pronto soccorso, processato a Busto Arsizio per gli omicidi di quindici persone

Leonardo Cazzaniga

Leonardo Cazzaniga

Busto Arsizio (Varese), 8 aprile 2019 - Leonardo Cazzaniga prosegue nel suo raccontarsi in esclusiva con Il Giorno. L’ex aiuto primario del pronto soccorso di Saronno è processato a Busto Arsizio per gli omicidi di dodici pazienti e quelli di tre familiari della compagna di un tempo, Laura Taroni.  «Magari ho commesso degli errori e sono stato inadeguato», ha detto in una delle ultime udienze.  «Ho certamente commesso errori nelle relazioni interpersonali e, nella mia personale ‘battaglia’ contro una certa collettività ospedaliera, sono stato incapace di cercare l’incontro (pur nelle profonde differenze), piuttosto che approfittare di ogni occasione per dare nuova fiamma allo scontro».

In aula si è descritto tradito nel suo sentimento per Laura Taroni. «Ho amato profondamente Laura, di un amore autentico e prospettico, ho sempre tentato di proteggerla e di curarla dalle innumerevoli ferite da lei sofferte. Amo i suoi figli e avrei desiderato in somma misura poter costruire con lei una famiglia. Il suo agire strumentale, inautentico, diffamatorio, intriso di menzogne, privo d’amore mi ha provocato un dolore insanabile che porterò con me fino alla morte».

In quasi due anni e mezzo le sono arrivate attestazioni di stima, vicinanza, sostegno, fiducia nella sua innocenza? «Sì, specialmente in questo ultimo periodo. Pazienti, parenti, personale ospedaliero mi hanno testimoniato tutto ciò che è contenuto nella domanda. Ho ricevuto in carcere numerose lettere e telegrammi inviati da pazienti e loro familiari con attestati di stima e riconoscenza. Mi rendo però perfettamente conto di come vi sia ancora molta paura e scarsa conoscenza di come ci si possa relazionare con un detenuto gravato da tali accuse».

Chi le è stato e le è ancora vicino? «La mia famiglia, molti miei amici d’infanzia, alcuni pezzi di personale ospedaliero (in particolare chi mi conosce da molto tempo e sa della mia innocenza)».

Dia una definizione di Leonardo Cazzaniga. «Domanda assai difficile che meriterebbe una risposta ampia e articolata e volontà di raccontarmi. Molti nella sezione dove sono detenuto ritengono che sia contemporaneamente altezzoso e profondamente empatico e in grado di rispondere ai vari bisogni che molti detenuti mi sottopongono. Noi siamo anche nella misura in cui gli altri ci vedono. Il mio essere uomo è sempre stato intessuto di profonda melanconia e solitudine esistenziale, con spiccata sensibilità verso la morte di animali (che considero esseri senzienti e completamente innocenti). Ho attraversato molti periodi di depressione, talora di angoscia; negli animali (in particolare in una mia cagnolina) ho trovato conforto e amore assoluto. Provo disgusto per lo stato etico-morale in cui versa il genere umano, pur avendo scelto scientemente una professione d’aiuto che mi ha dato molte soddisfazioni, ma anche molti dolori. Certo le caratteristiche personologiche ascrittemi in ambiente lavorativo sono indiscutibilmente vere, ma nessuno ha mai menzionato il comportamento che il personale medico e infermieristico teneva nei miei confronti. In sovrappiù vorrei menzionare la sindrome da burnout (il disagio psicofisico di chi opera quotidianamente in attività che implicano relazioni interpersonali - ndr) in cui incorrono molti operatori, in special modo coloro i quali lavorano nelle aree di urgenza, emergenza e terapia intensiva. Il 2016 avrebbe visto il mio abbandono dell’ospedale per dedicarmi all’attività privata, anche nella prospettiva di costruire la famiglia in cui ho intensamente creduto».