Cardano al Campo, il figlio del sindaco Laura Prati: "Avrai la tua laurea"

Studiava scienze dei beni culturali all’università di Ferrara fino a quel 2 luglio del 2013, quando le spararono alcuni colpi di pistola

Laura Prati

Laura Prati

Cardano al Campo (Varese), 18 agosto  2018  Un figlio fa proprio il sogno della madre che non ha più: la laurea. Una laurea ad honorem per Laura Prati. Studiava scienze dei beni culturali all’università di Ferrara, la sindaca di Cardano al Campo, macinava esami con il massimo dei voti: fino a quel 2 luglio del 2013. Giuseppe Daniele Pegoraro, ex vice comandante della polizia municipale, sospeso dal servizio dopo una condanna per peculato, si presentò negli uffici del Comune: tre colpi esplosi contro il vicesindaco Costantino Iametti e subito dopo altri tre con bersaglio la Prati. Iametti sopravvisse; ricoverata a Gallarate e quindi a Varese, la donna morì il 22 luglio. 

Quella della laurea è una delle battaglie portate avanti da Massimo Poliseno, il figlio di Laura, affiancato da papà Giuseppe. «Già nello stesso anno – dice Massimo – avevo scritto al rettore di Ferrara per chiedere la laurea ‘honoris causa’ per mia madre. La risposta era stata che non era possibile. Ho inviato via mail dei documenti, compreso il decreto che riconosceva la laurea allo studente di architettura morto nella strage di via dei Georgofili, a Firenze». Il precedente a cui Massimo affida molte delle sue speranze è quello di Dario Capolicchio, ventiduenne studente di architettura di Sarzana, una delle cinque vittime dell’autobomba mafiosa nella notte fra il 26 e 27 maggio 1993. L’anno dopo il presidente Scalfaro laureò ad honorem il giovane Capolicchio. La nuova risposta che Massimo ha ricevuto dall’ateneo ferrarese autorizza queste speranze: «Come le hanno anticipato le colleghe delle Segreteria del Rettore, il nuovo Regolamento studentesse e studenti prevede il rilascio di attestati alla memoria di studenti che non hanno potuto terminare gli studi (art.41, comma 5). La terremo naturalmente informata e contatteremo direttamente; faremo tutto ciò che sarà nelle nostre possibilità».

«Forse qualcosa – ha postato Massimo Poliseno su facebook, rivolgendosi direttamente, come fa spesso, alla mamma – si muove per farti ottenere quella laurea che tanto sognavi e che stavi raggiungendo nonostante coniugare famiglia, studio e amministrazione di un comune di 15.000 abitanti non sia certo una cosa semplice. Tornavi da Ferrara sempre con qualche 30 o 30 e lode, battendomi regolarmente ogni volta nonostante io avessi il lusso di potermi concentrare esclusivamente sullo studio. Eri la prima persona a cui scrivevo come fossero andati gli esami e, qualunque fosse il voto preso, arrivato a casa, erano sempre complimenti e abbracci, insegnandomi così che ciò che conta è dare il massimo indipendentemente dal risultato. Tra i tanti sogni che avevi c’era appunto quello di laurearti. Un sogno che ad oggi avresti certamente già raggiunto se qualcuno non te lo avese impedito. Raccogliere il testimone di chi ci è stato strappato via, portare avanti i suoi progetti e cercare di realizzare i suoi sogni non solo rende giustizia ‘sostanziale’ a chi non c’è più, ma consente anche a chi è rimasto di superare in piccola parte il dolore per una perdita ingiustificata. Speriamo dopo 5 anni sia veramente la volta buona».

Giuseppe Pegoraro è all’ergastolo ma l’iter processuale non è ancora concluso. Il 12 settembre del 2017 la Cassazione aveva accolto uno dei punti del ricorso del difensore, Maria Grazia Senaldi, e rimandato all’appello di Milano con l’indicazione che venissero applicate le attenuanti generiche. Gli “ermellini” ritenevano che il decesso di Laura Prati fosse stato determinato non solo dal ferimento ma anche da un concorso di concause, come una malformazione vascolare pregressa o un aneurisma. Il 27 marzo di quest’anno la seconda Assise d’appello di Milano ha ribadito la condanna al carcere a vita. La Suprema Corte tornerà a pronunciarsi il 25 febbraio del 2019.