Cerberus, tre condanne per associazione mafiosa: fine del processo-odissea

A undici anni dall'inizio, la Cassazione si è finalmente espressa sulle infiltrazioni nel Sud Milano

Corte di Cassazione

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Buccinasco (Milano), 26 gennaio 2019 – Parola fine su “Cerberus”: dopo quasi undici anni si è chiuso con la sentenza della Cassazione il processo che ha puntato un faro sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta alle porte di Milano e sul predominio della cosca dei Barbaro sul movimento terra a Buccinasco. Un percorso tortuoso: le carte sono passate sotto tanti occhi, a partire da quelli degli imputati, Domenico Barbaro, i figli Rosario e Salvatore, il cognato di quest’ultimo Mario Miceli e l’imprenditore Maurizio Luraghi, titolare dell’impresa “Lavori Stradali”. I Barbaro, re incontrastati del movimento terra a Buccinasco, sono la famiglia dal cognome tristemente noto nel Sud Milano: insieme ai Papalia (Salvatore è il genero di Rocco Papalia) hanno portato gli affari sporchi della ‘ndrangheta dalla provincia di Reggio Calabria a quella di Milano.

Il processo Cerberus, soprannominato anche processo-odissea, aveva visto nel 2010 l’accoglimento delle richieste formulate dal pm della Dda di Milano Alessandra Dolci che aveva messo in evidenza l’associazione mafiosa degli imputati, condannando Salvatore Barbaro a nove anni di reclusione, Domenico e Rosario a sette, Miceli a sei e Luraghi a quattro anni e sei mesi.

Ma la Suprema Corte ha ribaltato tutto nel 2012. Nel corso di questi undici anni trascorsi ad aspettare la sentenza definitiva alcune cose sono cambiate: Rosario Barbaro e Luraghi (che si era detto “vittima dei mafiosi”, non convincendo pienamente i giudici) sono usciti dal carcere da tempo, Salvatore è tornato nella “sua” Buccinasco a ottobre del 2018 dopo aver scontato la condanna per bancarotta e illecita concorrenza aggravata dal metodo mafioso (per associazione mafiosa era stato assolto). Domenico Barbaro, l’Australiano, è morto alla fine del 2016: a ucciderlo a 79 anni è stato l’Alzheimer.

Cerberus sembrava essere arrivata a una conclusione nel 2017, ma niente da fare: un altro giudice si è dichiarato incompatibile, affiancandosi all’altra ventina di magistrati che hanno fatto la stessa fine. L’ultima giudice si era dichiarata incompatibile perché l’ex marito, anche lui giudice, aveva preso parte a precedenti sentenze. Un atto non dovuto, ma opportuno. Qualche mese dopo si torna in aula: la quarta sezione della Corte d’Appello ha accolto le richieste del procuratore generale e ha confermato 9 anni per Salvatore Barbaro, 6 anni a Miceli e 4 anni e mezzo a Luraghi. Rosario aveva rinunciato al ricorso in Cassazione (pena 7 anni, come il padre).

La Corte ha sottolineato il predominio del sodalizio criminale nel movimento terra e il vantaggio che veniva tratto dagli imputati nell’utilizzo del metodo mafioso. Si arriva al 2019: nei giorni scorsi la Cassazione ha messo fine al processo-odissea. Confermate le condanne per associazione mafiosa per Salvatore Barbaro a 9 anni, Miceli a 6 e Luraghi a 4 e mezzo. Una sentenza storica: si chiude così il processo che ha scoperchiato i controlli criminali sui cantieri e il monopolio del gruppo del movimento terra nel Sud Milano.

Buccinasco (Milano), 26 gennaio 2019 – Parola fine su “Cerberus”: dopo quasi undici anni si è chiuso con la sentenza della Cassazione il processo che ha puntato un faro sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta alle porte di Milano e sul predominio della cosca dei Barbaro sul movimento terra a Buccinasco. Un percorso tortuoso: le carte sono passate sotto tanti occhi, a partire da quelli degli imputati, Domenico Barbaro, i figli Rosario e Salvatore, il cognato di quest’ultimo Mario Miceli e l’imprenditore Maurizio Luraghi, titolare dell’impresa “Lavori Stradali”. I Barbaro, re incontrastati del movimento terra a Buccinasco, sono la famiglia dal cognome tristemente noto nel Sud Milano: insieme ai Papalia (Salvatore è il genero di Rocco Papalia) hanno portato gli affari sporchi della ‘ndrangheta dalla provincia di Reggio Calabria a quella di Milano.

Il processo Cerberus, soprannominato anche processo-odissea, aveva visto nel 2010 l’accoglimento delle richieste formulate dal pm della Dda di Milano Alessandra Dolci che aveva messo in evidenza l’associazione mafiosa degli imputati, condannando Salvatore Barbaro a nove anni di reclusione, Domenico e Rosario a sette, Miceli a sei e Luraghi a quattro anni e sei mesi.

Ma la Suprema Corte ha ribaltato tutto nel 2012. Nel corso di questi undici anni trascorsi ad aspettare la sentenza definitiva alcune cose sono cambiate: Rosario Barbaro e Luraghi (che si era detto “vittima dei mafiosi”, non convincendo pienamente i giudici) sono usciti dal carcere da tempo, Salvatore è tornato nella “sua” Buccinasco a ottobre del 2018 dopo aver scontato la condanna per bancarotta e illecita concorrenza aggravata dal metodo mafioso (per associazione mafiosa era stato assolto). Domenico Barbaro, l’Australiano, è morto alla fine del 2016: a ucciderlo a 79 anni è stato l’Alzheimer.

Cerberus sembrava essere arrivata a una conclusione nel 2017, ma niente da fare: un altro giudice si è dichiarato incompatibile, affiancandosi all’altra ventina di magistrati che hanno fatto la stessa fine. L’ultima giudice si era dichiarata incompatibile perché l’ex marito, anche lui giudice, aveva preso parte a precedenti sentenze. Un atto non dovuto, ma opportuno. Qualche mese dopo si torna in aula: la quarta sezione della Corte d’Appello ha accolto le richieste del procuratore generale e ha confermato 9 anni per Salvatore Barbaro, 6 anni a Miceli e 4 anni e mezzo a Luraghi. Rosario aveva rinunciato al ricorso in Cassazione (pena 7 anni, come il padre).

La Corte ha sottolineato il predominio del sodalizio criminale nel movimento terra e il vantaggio che veniva tratto dagli imputati nell’utilizzo del metodo mafioso. Si arriva al 2019: nei giorni scorsi la Cassazione ha messo fine al processo-odissea. Confermate le condanne per associazione mafiosa per Salvatore Barbaro a 9 anni, Miceli a 6 e Luraghi a 4 e mezzo. Una sentenza storica: si chiude così il processo che ha scoperchiato i controlli criminali sui cantieri e il monopolio del gruppo del movimento terra nel Sud Milano.