Buccinasco, chi ama il pane lo rottama: sconto se si riporta la michetta del giorno prima

L'iniziativa del fornaio di via Palermo. Il pane raffermo è destinato alle cascine, ai canili, a chi cura gli animali e deve sfamarli

Rinaldo Bedon, 61 anni, mentre serve un cliente del suo negozio

Rinaldo Bedon, 61 anni, mentre serve un cliente del suo negozio

Buccinasco (Milano), 19 ottobre 2019 - Rinaldo Bedon sta dietro un forno da quando ha 13 anni. Oggi ne ha 61, ma «quell’odore di pane cotto, il caldo delle temperature roventi, le sveglie di notte per impastare, sono sempre le stesse sensazioni», racconta il panettiere di origini venete, a Buccinasco dal 1981, quando ha deciso di aprire un negozio alle porte di Milano. «Ho iniziato che andavo ancora alle medie – ricorda –, il fratello di un amico faceva il panettiere e mi ha chiesto se gli davo una mano. Ho iniziato il pomeriggio, poi di notte. Mi svegliavo alle due e mezza, andavo a infornare, poi alle 7 tornavo a casa, mi cambiavo e andavo a scuola. Mi addormentavo sul banco e il mio insegnante si arrabbiava. Un giorno ha chiamato mia madre di nascosto per mostrarle che dormivo in classe e umiliarmi. Mia madre gli ha risposto che lavoravo di notte e lui si è vergognato, ha capito il sacrificio».

Una storia da libro Cuore, insomma, che rispecchia bene il sentimento di Rinaldo per quello che crea, il pane. Una devozione, tanto che lo spreco di quel cibo lo ha spinto a ideare un’iniziativa che da vent’anni sta riscuotendo enorme successo: la rottamazione del pane. Esattamente come capita con le macchine: si porta quello avanzato, anche secco, e si riceve in cambio uno sconto del 15% sull’acquisto di quello fresco. «L’idea mi è venuta perché non mi piace chi butta il pane e per un fatto che mi è successo anni fa – racconta il panettiere –. Un signore anziano che veniva in negozio diceva: “Oggi compro solo un panino perché mangio quello che è avanzato ieri“. Allora gli ho risposto di portarlo qui, che gli avrei fatto uno sconto per comprare un panino fresco». Il pane raffermo, poi, è destinato alle cascine, ai canili, a chi cura gli animali e deve sfamarli. Così dopo vent’anni, l’iniziativa ha raccolto adesioni su tutto il territorio, i clienti arrivano anche da fuori città per approfittare dell’occasione. Ma c’è anche chi quello sconticino lo lascia in negozio, «per fare del bene – assicura Bedon –. Chi non vuole portarsi a casa i soldi della riduzione li lascia in un barattolo: a fine anno li impieghiamo per adottare un bambino a distanza. Sono circa 300 euro, ogni anno c’è un nuovo bimbo da aiutare». Per Bedon non è «niente di grandioso – afferma umile –, se possiamo aiutare chi sta peggio di noi lo dobbiamo fare volentieri, è un obbligo morale».

Una generosità che ha ereditato dalla famiglia, un atteggiamento da «figli del dopoguerra – sorride –. La nostra generazione ha vissuto le difficoltà, raccontate dai genitori, dai nonni, forse è da quello che abbiamo assorbito la forza, la determinazione, la voglia di farcela. Quando ho deciso di aprire il primo negozio avevo 21 anni e 100 milioni di lire di debiti. Mi sono scoraggiato? Per niente. Mi sono rimboccato le maniche e ho lavorato giorno e notte per realizzare il sogno che avevo fin da bambino». Una scelta coraggiosa, fatta insieme a un amico, quando si era trasferito in un paesino in provincia di Como, vicino a Cantù, e lavorava a bottega dal «prestinaio», il panettiere del paese, e nel frattempo aveva fondato insieme ad amici, tutti panettieri, una radio locale. Proprio con uno dei compagni con cui condivideva la passione per la radio e per il pane, ha deciso di aprire un panificio. «Poi le nostre strade si sono divise – ricorda Bedon –, lui a Como e io ho deciso di venire qui alle porte di Milano. Ho aperto il laboratorio in via Palermo, poi il negozio in piazza San Biagio». Una storia lunga oltre quarant’anni, dove tutto è cambiato intorno allo storico panettiere, tranne la passione: «Amo questo mestiere e lo odio – sorride –. Lo odio perché mi ha fatto vivere la vita troppo in fretta: è talmente bello quello che faccio che non mi accorgo neanche dei giorni che passano».