Sant’Angelo, la passione non ha categoria

Serie D: dagli spalti del “Carlo Chiesa“ non manca il sostegno ai rossoneri. Il viceallenatore Cella: "Tanti tifosi anche dopo il fallimento"

Sant’Angelo, la passione non ha categoria

Sant’Angelo, la passione non ha categoria

Pensando a Gianluigi Buffon, è impossibile che non riaffiorino nella mente le sue clamorose parate. C’è una gamma di scelte non vasta, di più. Uno dei momenti più iconici della carriera del portiere di Massa Carrara, però, non è un intervento all’incrocio dei pali, ma una corsa sfrenata a coprire tutto il prato del Tardini di Parma, per festeggiare una vittoria ottenuta in pieno recupero contro il Benevento, in una notte di settembre. In molti si chiesero cosa avesse spinto Gigi a quell’esultanza. "È solo una partita di Serie B", dicevano. Tramite i suoi canali social, Buffon rispose: "La passione non ha né categorie né etichette.

Non vale di più se la provi in Serie A piuttosto che in Eccellenza. È questa la vera magia del pallone". Se a Sant’Angelo Lodigiano qualcuno ha letto queste parole, è facile che si sia trovato il volto scavato da un sorriso. Perché, in terra barasina, non c’è proprietà, allenatore o categoria che tenga. Il sostegno alla squadra, dagli spalti del Carlo Chiesa, sarà sempre una costante. "Ricordo le partite casalinghe nella stagione 2014/2015, dopo il fallimento della società. Dall’Eccellenza, ci ritrovammo in terza categoria nel giro di pochi mesi, ma gli spalti erano sempre gremiti", ricorda Marco Cella, santangiolino di nascita e attuale vice allenatore della prima squadra.

Se il pubblico risponde presente nei momenti bui, è scontato che affolli le tribune nei periodi gloriosi. Come, ad esempio, durante il decennio a cavallo fra la metà degli anni Settanta e Ottanta. In questo lasso temporale, il Sant’Angelo ha vissuto un’epoca d’oro, rimbalzando fra Serie C 1 e 2 e vantando in rosa calciatori di livello eccelso come Ferruccio Mazzola, Evert Skoglund, Bobo Gori, Enzo Scaini Aldo Acerbi e Desiderio Marchesi. "Credo che in quel periodo si sia creato il legame viscerale fra squadra e paese. Per un popolo di commercianti, affrontare compagini come Udinese, Atalanta, Venezia e Trento rappresentava motivo d’orgoglio e di vanto. In più, in campo c’erano delle vere e proprie stelle", prosegue Cella. Una delle sfide di quei tempi, oltretutto, è passata alla storia. Il 17 novembre 1974, infatti, sfruttando l’inattività della Serie A causa pausa nazionali, a San Siro si giocò Sant’Angelo-Monza. Per la prima volta, una squadra diversa da Milan e Inter disputò un match casalingo alla Scala del calcio. L’incontro finì con un pareggio a reti bianche. Dei trentamila accorsi al Meazza, quattromila provenivano dalla terra barasina. Numeri incredibili, considerata la demografia del paese.

Venendo all’attualità, il club rossonero milita ora in Serie D. La stagione si sta rivelando più travagliata del previsto, con ben tre allenatori cambiati in otto mesi. La salvezza diretta dista quattro punti e le rimanenti partite da disputare saranno battaglie all’ultima goccia di sudore. Dopo aver conservato la categoria lo scorso anno, il Sant’Angelo ha tutte le carte in regola per ripetersi. Soprattutto perché, a differenza delle rivali, i ragazzi di Scarpa possono contare su alleati in più. Dai più anziani in tribuna ai giovani della curva sui gradoni, c’è un intero paese a spingere gli undici in campo. Serie C, D o terza categoria non fa alcuna differenza. La passione barasina non si spegnerà mai e i santangiolini saranno sempre al fianco della squadra.

Giovanni Cisternino