GIULIO MOLA
Sport

La Sla uccide ancora nel calcio: a 50 anni è morto Massimo Pomi

Si è arreso dopo una battaglia durata 14 anni. In campo lunga esperienza nei tornei dilettantistici e una brevissima parentesi anche con l’Inter

Massimo Pomi

Massimo Pomi

Lecco, 6 giugno 2023 –  Le chiamano “morti bianche“ dei calciatori, una lunga lista di nomi noti e meno conosciuti. Alcuni di loro hanno calcato i campi di serie A e B, anche in squadre molto importanti e sono ancora oggi dei beniamini delle tifoserie. Poi ci sono quelli che a calcio giocavano più per passione che per ambizione, accumulando presenze su presenze nelle serie minori facendosi amare dal pubblico di provincia. Quella nascosta e ben lontana dai riflettori. Chi più, chi meno, tutti avevano un fisico da atleta, molti hanno giocato ben oltre i 33-34 anni, ma dopo aver appeso le scarpe al chiodo hanno cominciato a sentire il rallentamento dei muscoli. I primi, terribili e angoscianti sintomi di una malattia composta da tre lettere: Sla. L’Italia è l’unico paese al mondo dove i calciatori si ammalano di Sclerosi Laterale Amiotrofica con una percentuale superiore di cinque o sei volte la media e le cause sono ancora ignote (c’è chi sostiene che la colpa sia della gran quantità di farmaci fatti ingoiare ai calciatori per “bruciare“ i tempi di recupero durante gli infortuni).

35 calciatori morti

Di certo il “morbo del pallone“ continua ad uccidere: 35 i giocatori morti dagli anni ’60 ad oggi, l’ultimo dei quali due giorni fa in provincia di Lecco. Si tratta di Massimo Pomi, costretto ad arrendersi dopo una lunga battaglia durata 14 anni. Abitava a Mandello del Lario e aveva appena 50 anni il “guerriero“, così come lo chiavano gli amici, tanti dei quali ieri erano presenti per salutarlo l’ultima volta nella Chiesa del Sacro Cuore. Pomi da anni viveva praticamente immobilizzato e si nutriva con un tubicino dopo aver subìto la tracheotomia. Amava il calcio ed era un tifoso milanista, ma la sua lunga carriera era trascorsa nelle squadre dilettantistiche del territorio. Prima le giovanili nel Lecco, poi nella sua Mandello: a soli 17 anni il ragazzo era titolare in Promozione, al punto da farsi notare dall’Inter. Per un anno Pomi coccolò il sogno del grande calcio, prima del trasferimento a Olginate. E poi ancora Mandello, Pescarenico, Lecchese, fino ad indossare la maglia del Dubino in Valtellina. Mandello, Dolzago e tre anni a Civate le ultime tappe sui campi prima di ammalarsi a soli 36 anni.

La nera statistica

Oggi ci si interroga perché si possa morire così giovani di Sla, gli ex calciatori soprattutto. L’Istituto farmacologico Mario Negri di Milano nel 2019 pubblicò i risultati di una ricerca nella quale si documentavano le carriere dei calciatori morti di Sla in Italia dagli anni ‘60 a oggi evidenziando qualcosa d’importante: la percentuale di Sla tra i giocatori è doppia rispetto al resto della popolazione. Lo studio sostiene anche che i calciatori di serie A hanno una probabilità di ammalarsi di Sla ben sei volte superiore alla popolazione normale. Tra le possibili cause allo studio, oltre all’abuso di farmaci, anche i traumi subiti durante la carriera calcistica, e poi l’erba del campo di gioco, trattata con diserbanti chimici. Secondo l’Istituto farmacologico milanese, i calciatori in media si ammalano di Sla verso i 45 anni, 20 anni prima rispetto ai 65,2 dei soggetti che non hanno praticato il calcio.

Como e Lecco

Tra i 35 calciatori morti di Sla, sei hanno giocato nel Como, quando la squadra lombarda giocava ai massimi livelli (Borgonovo, Lombardi, Canazza, Corno, Meroni – fratello del Gigi del Torino – e Gabbana). A loro si aggiungono altri due che hanno militato nel Lecco: Sauro Fracassa, protagonista dell’ultima stagione in serie A della squadra, morto nel 2000 di Sla all’età di 57 anni, e appunto Massimo Pomi.

I dubbi e le domande senza risposta restano mentre da anni, si sa, le società di calcio temono di essere accusate di responsabilità diretta sulle morti dei calciatori colpiti dalla Sla, con conseguenti ingenti richieste di risarcimenti da parte delle famiglie. In tutto questo di Sla e non solo (basti pensare alle morti precoci di Giannluca Vialli e Sinisa Mihajlovic) si continua a morire. Aspettando la verità.