MARIACHIARA ROSSI
Sport

Bianca Lenci: la promessa del calcio femminile tra sogni e delusioni

La storia di Bianca Lenci, giovane promessa del Milan, tra successi in campo e difficoltà nel calcio femminile.

Un flash di un recentissimo Juventus-Milan di serie A femminile

Un flash di un recentissimo Juventus-Milan di serie A femminile

Un ragazzina dal talento cristallino si innamora del pallone. Lui la ricambia e insieme si tolgono gioie e soddisfazioni, almeno fino al momento in cui devono dirsi addio. Un tempo che per Bianca Lenci è arrivato troppo presto. Lei, milanese doc classe 1988, era poco più che una bambina quando ha cominciato a vestire la maglia della sua squadra del cuore, il Milan, che all’epoca non aveva nulla a che fare con la squadra maschile. Altra proprietà e altro progetto sportivo. Centrocampista offensiva di qualità, a sinistra in un sistema a quattro e dietro le punte in un centrocampo a cinque.

La sua storia porta alla luce del sole le difficoltà relazionali e ambientali che erano parte integrante della vita quotidiana degli spogliatoi femminili e le contraddizioni di uno sport che fino ad una quindicina di anni fa viveva esclusivamente di promesse. "A 15 anni ho fatto l’esordio in prima squadra. L’inserimento non fu facile. Ero giovanissima e mi sono trovata catapultata in un ambiente poco amichevole e ultra competitivo ma senza finalità costruttive".

Malgrado le diatribe interne partecipa alla Coppa Uefa con Patrizia Panico e taglia i primi traguardi degni di nota. "Il ricordo più bello? Il gol nella finale del campionato Primavera. Abbiamo vinto 3-2 contro il Bardolino di Cristiana Girelli". In quel momento andò ad un passo dal raggiungere la sua più grande aspirazione: vestire la maglia della nazionale. All’epoca il vice allenatore mi informò di essere stata convocata con l’Under 17. Peccato che mancava solo una settimana al ritiro e i miei genitori avessero già prenotato una settimana di vacanza in Inghilterra".

A ciò si aggiunse la mancanza di qualsiasi tipo di gratificazione economica: "Ho militato in prima squadra per due anni e non ho mai percepito nulla a livello salariale. Anzi, sarà proprio il Milan a guadagnarci quando decide di vendermi al Mozzanica: 3000 euro per il prestito e 7000 per il riscatto". A Bergamo incontrò una realtà seria e credibile ma quel punto le scorie dell’esperienza rossonera la convinsero a puntare sul percorso accademico-universitario e ad appendere gli scarpini al chiodo: "Che rammarico vedere quanto seguito ha oggi il calcio femminile: un tempo i club si comportavano come dei dilettanti. Eppure già allora io mi allenavo da professionista: quattro sedute da due ore al giorno dal lunedì al giovedì con partite sabato e domenica".

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