"La mano di Leonardo sul Cristo di Lecco"

La conferma di Bellini dopo quattro anni di perizie e indagini. Mazzoleni: da quella collezione ritenuta ottocentesca un crescendo di emozioni

"La mano di Leonardo sul Cristo di Lecco"

"La mano di Leonardo sul Cristo di Lecco"

di Simona Ballatore

Lo sguardo di quel ritratto a sanguigna è entrato nella vita della famiglia Gallo-Mazzoleni quattro anni fa, quando ancora non sapevano che “Il Cristo di Lecco“ - come lo hanno ribattezzato - nascondeva un segreto: "La mano maestra di Leonardo da Vinci", sentenzia oggi, dopo un anno di studi, lo storico, critico d’arte e professore dell’Accademia delle Belle Arti di Brera, Rolando Bellini. Lo ha sottoscritto davanti a un notaio e ha mostrato i risultati in un primo simposio a porte chiuse tra accademici, al Palazzo delle Stelline di Milano, dove il ritratto è stato mostrato. "Siamo alla fase uno: l’inizio di un nuovo viaggio", sorridono l’avvocato Massimo Mazzoleni e la moiglie Silvia Gallo, ripercorrendo il cammino che li ha portati fino a qui. "Nel 2019, per una combinazione di eventi, siamo entrati in contatto con una collezione di otto disegni di stile leonardesco che un privato, un carabiniere, offriva in vendita - raccontano i proprietari -. All’inizio ce ne mostrò altri due, in realtà, ma uno in particolare attirò la nostra attenzione". Proprio quel disegno del Cristo (che altri studiosi pensano sia il ritratto di Leonardo stesso, di suo zio Francesco o del fratellastro Lorenzo).

"Li acquistammo pensando fossero disegni ottocenteschi", ricordano i proprietari. Quell’anno due appassionati di studi vinciani statunitensi, Jean Pierre Isbouts e Christopher Browns, vennero in Italia per girare un documentario sulla Vergine delle Rocce. La famiglia Gallo-Mazzoleni mostrò loro i disegni appena comprati: uno dei quali, ancora una volta, conquistò il loro sguardo. Spinsero i coniugi lecchesi ad approfondire gli studi per capire, in primis, se fosse un documento d’epoca e autentico. "L’avventura è cominciata così - ripercorrono i proprietari -, cominciando dalle verifiche nei laboratori di carta antica certificati, passando da laboratori di diagnostica specializzati nel campo dell’arte". Prima scoperta, alla fine del 2019: una prima perizia sulla carta (della quale è stata rintracciata anche la filigrana) ha svelato che non era dell’Ottocento, bensì collocabile tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo.

La seconda sorpresa a seguito di ulteriori indagini diagnostiche non invasive, prelievi di piccoli campioni, raggi x e studi: "È opera di qualcuno della cerchia del genio". Il campo si restringeva sempre più, arrivando fino alla sua bottega e a una manciata di nomi. Nel frattempo, dopo la prima conferenza stampa al palazzo Falck a Lecco, con l’annuncio del nome del ritratto, chiamato a valorizzare il territorio e a ricordare il forte legame di Leonardo (che ne cita i paesaggi anche nel Codice Atlantico), accademici e appassionati hanno dato vita a un infuocato (e anche curioso) dibattito, mentre il Cristo di Lecco viaggiava, ancora senza scorta. "E pensare che lo portavamo con noi, in una semplice valigetta - sorridono i proprietari - lo avevamo portato dal fotografo Stefano Masciovecchio per tratte immagini ad alta risoluzione da spedire agli studiosi internazionali. Si è fatto anche qualche giro nel carrello dell’Esselunga". Oggi è in un caveau, in un luogo segreto e protetto, lontano da casa. E quando viaggia, come per andare al Palazzo delle Stelline, lo fa solo “accompagnato“.

I risultati del professore Bellini - che ha aperto le sue indagini nel giugno del 2021 - saranno pubblicati a breve e apriranno una nuova fase nel mondo accademico, per consolidare o confutare l’ipotesi che sia un autentico testo grafico di Leonardo da Vinci. Già prima di questo passaggio, dall’estero decine di privati si erano fatti avanti, anche con offerte interessanti. "Non è nostra intenzione venderlo - dicono i proprietari -, vediamo come evolverà il dibattito: ci siamo affidati al professore Bellini, nostro direttore d’orchestra. E ci piacerebbe che quello sguardo, che è entrato nella mente di chi l’ha visto, possa essere fruibile a molti e magari smuovere anche la città di Lecco, che spesso è concentrata sul Manzoni, ma dimentica di avere avuto le attenzioni del Genio".