Disperso trovato morto nei boschi a Perledo: polemica sull’uso della tecnologia

Dopo tre settimane scoperto il corpo di Alberto Ongania. I parenti: "Per la privacy non si poteva cercare il telefono"

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PERLEDO (Lecco)

di Daniele De Salvo

Dopo tre settimane Alberto è stato trovato. Morto. Era in fondo ad un dirupo sotto la strada che percorreva spesso durante le sue lunghe passeggiate in solitaria. Accanto al suo corpo, il suo telefono, la cui analisi dei tabulati e delle celle che ha agganciato avrebbe forse consentito di restringere il campo delle ricerche e restituire prima ai familiari, specialmente a mamma Luigia che ha 79 anni, una salma su cui piangere. Ieri mattina i soccorritori hanno recuperato il feretro di Alberto Ongania, l’invalido civile di 53 anni di Perledo che mancava all’appello da venerdì 11 novembre. I suoi resti sono stati localizzati in mezzo al bosco, ai piedi di un baratro sotto il ciglio della strada tra Perledo e Esino Lario, una zona molto impervia. Come siano stati individuati non si sa: probabilmente sono stati utilizzati proprio i dati dello smartphone che i familiari da giorni chiedevano di acquisire ma che non sarebbero stati forniti per questioni di privacy, perché Alberto non era ritenuto in pericolo di vita in quanto era plausibile fosse già morto, ma non era nemmeno dichiarato formalmente morto e non sussistevano neppure elementi che lasciassero intendere ipotesi di reato. Già l’altro giorno i vigili del fuoco avevano perlustrato quell’area con un drone. "Ora che non c’è più da rispettare la legge sulla privacy ci auguriamo si possano ottenere i dati telefonici utili a comprendere la dinamica dell’incidente", commenta con amarezza Renato, uno dei fratelli di Alberto. Oltre a ringraziare i soccorritori, i familiari chiedono di modificare le norme, perché il rispetto della legge non ha coinciso con il fare la cosa giusta". È stato istituito anche un comitato, a cui hanno aderito al momento quattro senatori.