Trans ucciso a Cinisello, 18 anni al killer

Condannato il netturbino che sparò al peruviano con una penna-pistola

L’appartamento del delitto ricavato in uno scantinato di via Friuli

L’appartamento del delitto ricavato in uno scantinato di via Friuli

Cinisello Balsamo (Milano), 8 ottobre 2019 - Condannato a 18 anni il killer del trans colpito alla nuca da una penna-pistola. Questa la pena, inflitta nel processo con rito abbreviato dal gup di Monza, Cristina Di Censo, a Giovanni Amato, il 43enne netturbino ritenuto responsabile dell’assassinio, avvenuto nella notte del 4 febbraio 2018, di un transessuale peruviana di 42 anni, Caros Cardenas Gutierrez, trovata morta nella sua casa di via Friuli a Cinisello Balsamo. A scoprire il corpo senza vita era stato il coinquilino della transessuale.

Inizialmente era stata esclusa la morte violenta, poi dall’autopsia disposta dal sostituto procuratore Vincenzo Fiorillo, era emersa una ferita d’arma da fuoco sulla nuca. Un minuscolo foro che aveva fatto pensare ad un’arma particolare, poi effettivamente trovata dai carabinieri. Una pistola a forma di penna. Un’arma a colpo singolo, calibro 22, detenuta illegalmente, priva di marca e con la matricola abrasa: un’arma clandestina, simile a una penna con tanto di cappuccio e dotata anche di attenuatore del suono, ma alterata per renderla ancora più offensiva. Il colpo, secondo gli inquirenti, fu sparato da una distanza molto ravvicinata, circa 15 centimetri. I carabinieri della Compagnia di Sesto San Giovanni sono riusciti a incastrare il presunto assassino grazie alle immagini delle telecamere che riprendevano la sua auto Fiat Punto avvicinarsi alla transessuale, che si prostituiva in viale Fulvio Testi a Sesto San Giovanni, e da lì trasferirsi in sua compagnia nell’appartamento in cui la donna viveva.

L’auto era facilmente riconoscibile, avendo un faro molto più potente dell’altro e diverse componenti “speciali”, aggiunte dal proprietario dopo l’acquisto. Decisive anche le impronte digitali lasciate dall’assassino su una bottiglia a casa della vittima. Da un confronto con i profili inseriti in database, i carabinieri sono infatti riusciti a scoprire che le impronte appartenevano al netturbino italiano, già in carcere a San Vittore. Perchè, il giorno successivo all’omicidio, utilizzando la stessa piccola arma da fuoco con silenziatore, ha commesso una violentissima rapina in un ristorante gestito da cinesi a Segrate. Il titolare del locale, ferito dall’arma da fuoco, era riuscito a reagire, accoltellando il rapinatore alla schiena e permettendone l’arresto. Al processo con il rito abbreviato scelto dall’imputato, il pm Vincenzo Fiorillo aveva chiesto la condanna a 20 anni di reclusione. Ieri la sentenza della giudice del Tribunale monzese, che ha ridotto di 2 anni la pena chiesta dalla pubblica accusa.