GIULIA PROSPERETTI
Salute

Chirurgia mini invasiva per salvare il colon

Il professor Roberto Persiani, dell’Ospedale Gemelli di Roma: "Grande precisione di intervento: così si riduce il rischio incontinenza"

Chirurgia robotica mini invasiva (foto di repertorio)

di Giulia Prosperetti

"Nonostante nell’80% dei casi nasca da un polipo che è benigno per tanti anni e sia tra le patologie più curabili, con 50mila casi l’anno (circa 23mila donne e 30mila uomini), il tumore del colon-retto è tra le malattie più frequenti in Italia e rappresenta la seconda causa di morte oncologica in Europa (oltre 370mila nuove diagnosi ogni anno e 170mila vittime). Ma il punto centrale – oltre alla necessaria prevenzione volta a individuare tempestivamente la malattia, con screening consigliati a partire dai 45 anni – resta quello di garantire anche ai pazienti in stadio avanzato una qualità di vita accettabile dopo l’operazione". A fare il punto sulle nuove tecniche d’intervento, in occasione del mese europeo della sensibilizzazione del tumore del colon-retto, è Roberto Persiani, presidente di EuropaColon Italia e responsabile dell’Unità operativa di Chirurgia oncologica mini-invasiva del Policlinico Gemelli di Roma.

Professore, quali le innovazioni sul fronte della chirurgia colon-rettale?

"La chirurgia colon-rettale ha cambiato volto negli ultimi anni. Se un tempo – a prescindere dall’avanzamento della malattia, dall’età e dallo stato del paziente – l’unica opzione era aprire la pancia e togliere un tratto di intestino, oggi, grazie alla chirurgia mini-invasiva laparoscopica e robotica è possibile curare questa patologia in maniera gentile senza traumatizzare i pazienti con interventi molto demolitivi. Inizialmente si diceva che queste tecniche potessero essere applicate solo ai casi più facili, in presenza di malattie meno avanzate, adesso siamo invece in grado di adottarle anche in presenza di interventi importanti. Tuttavia, a trent’anni dal primo intervento con questa tecnica, in tutto il mondo ci sono ancora molte realtà, stimate in almeno il 50%, dove ancora si fa la chirurgia tradizionale"

Cosa frena la diffusione delle tecniche mini-invasive?

"Una questione generazionale unita al fatto che tali tecniche, richiedendo una certa pratica, sono difficili da adottare. Da questo punto di vista un grande problema in Italia è la frammentazione delle competenze. In Italia abbiamo 370 ospedali dove vengono forniti servizi di oncologia chirurgica con volumi molto diversi. Effettuando pochi interventi molte di queste strutture non sviluppano una grande competenza e non dispongono di attrezzature all’avanguardia. Il paziente riceve, così, un trattamento diverso a seconda della porta a cui bussa".

Quale può essere la soluzione?

"L’Europa, e lo stesso governo italiano, spingono nella direzione del ‘Comprehensive cancer center’, ovvero della creazione di una struttura che fornisce il massimo della cura disponibile ai pazienti per evitare una disuguaglianza assolutamente immorale di accesso alle cure. La soluzione è dunque quella di concentrare le competenze sul modello delle Breast Unit. Per me il vero futuro è avere un luogo dove ci sono tutte le competenze, anche quelle necessarie a fornire un supporto psicologico ai malati. Questa è la ragione per cui nel 2018 ho fondato l’associazione EuropaColon Italia".

In che modo la chirurgia mini-invasiva può garantire delle prospettive migliori ai malati?

"Parlando di tumore al retto, il terrore dei pazienti è quello di finire con la stomia, il famoso ‘sacchetto’. Ma, in realtà, il tasso di stomie definitive dipende molto dalle tecniche utilizzate dal chirurgo. Fino a qualche tempo fa gli interventi più delicati, soprattutto quelli del retto, venivano ancora fatti in chirurgia aperta, adesso invece ci si sta muovendo verso la chirurgia endoluminale. Si tratta di una tecnica transanale, effettuata dunque dal basso verso l’alto, che nel mondo siamo ancora in pochi a utilizzare. Attraverso l’impiego di una telecamera tridimensionale e di strumenti miniaturizzati, tale tecnica permette di fare un intervento oncologicamente molto preciso, dal momento che ‘da sotto’ si può dominare meglio la pelvi, ma anche di non sprecare tessuto sano. Un elemento, quest’ultimo, che risulta fondamentale considerando che ogni centimetro di retto risparmiato aiuta a ridurre il rischio di incontinenza ed è dunque fondamentale per quanto riguarda la qualità della vita".