Elezioni politiche, l'analisi dell'esperto: "Pd, Lombardia incompresa"

Alessandro Amadori dell'Istituto Piepoli: "Torna la questione settentrionale"

Manifesti elettorali del centrosinistra nelle strade di Milano

Manifesti elettorali del centrosinistra nelle strade di Milano

Milano, 6 marzo 2018 - Lega promossa, Forza Italia e Partito democratico bocciati, Movimento 5 Stelle rimandato. Alessandro Amadori dell’Istituto Piepoli, attento osservatore delle dinamiche politiche e sociali lombarde, analizza con noi i dati delle Politiche in Lombardia.

In Lombardia la Lega è il primo partito e stacca FI. Nelle aree metropolitane il distacco è di otto punti percentuali, nelle valli i lumbard doppiano gli azzurri. Un dato che cambia gli equilibri nel centrodestra anche nella «patria» di Salvini e Berlusconi?

«La Lombardia è una regione complessa e anche i risultati elettorali variano a seconda delle aree. Nelle città la Lega cresce ma non sfonda, nella Lombardia di provincia, invece, il Carroccio fa il pieno. Un esempio? La provincia di Brescia, tutta lumbard tranne la città capoluogo».

Per Berlusconi e FI è la fine di un’era?

«Credo proprio di sì, anche alla luce dei risultati in Lombardia. Berlusconi ha più di 80 anni. A livello nazionale è riuscito comunque a fare un buon risultato, il 14%: rischiava di scivolare verso il 10%. Ma FI ha il limite intrinseco di essere una forza populista, cioè legata a doppio filo al proprio leader».

Non è populista anche la Lega?

«Il Carroccio non è un partito populista, ma popolare. E Salvini non è un leader messianico».

Il Pd è dietro al centrodestra e in molti collegi lombardi è stato superato dal M5S. Si ripropone la “questione settentrionale’’ per i dem?

«Si ripropone aggravata. Persino in Emilia la Lega ha raggiunto il 20%. Siamo di fronte all’incapacità delle élite di centrosinistra di capire quest’area vitale per l’Italia. Senza il Nord, che è la locomotiva economica, il Paese precipita. Anche il M5S, che pure non riesce a sfondare al Nord, è riuscito a superare il Pd».

Perché al Nord i grillini non sfondano?

«Al Nord non bastano le risposte emotive. Il modello lombardo è pragmatico, non ideologico. La regione vuole andare avanti e competere con il resto del mondo».

Poi c’è il caso Milano, i cui dati elettorali sono in controtendenza rispetto a quelli nazionali: il Pd tiene e si conferma il primo partito in città.

«Le grandi metropoli del mondo sono tutte più “liberal’’ e meno di centrodestra. Succede negli Stati Uniti e accade anche da noi. Milano non voterebbe più il sindaco leghista Formentini come negli anni Novanta. Milano è una Città Stato che vale quasi quanto il Veneto nell’economia italiana».

A Milano, però, il centrosinistra vince nei collegi uninominali del centro storico ma perde in tutti quelli in periferia.

«Il Pd e +Europa, non a caso, ottengono più consensi in centro, la zona più ricca e cosmopolita. Nel centro di Milano abita un’élite liberal che si esprimersi con scelte politiche ben diverse da quelle dei milanesi di periferia. Tutto ciò conferma la natura “non popolare’’ del centrosinistra».

Non un segnale incoraggiante per il sindaco Sala, che ha puntato il suo programma sulla riqualificazione delle periferie.

«Sala, se legge bene il segnale elettorale, dovrà accelerare il suo progetto sulle periferie».