Covid, vertice a palazzo Chigi. Il Cts a Draghi: "Chiuse palestre e piscine"

Il Cts: "Nessuna riapertura in vista, venerdì nuovo incontro". I 6 ministri presenti: "Basta Dpcm, ora coinvolgere il Parlamento con decreti". Il premier cerca una quadra

Mario Draghi (Ansa)

Mario Draghi (Ansa)

Roma, 23 febbraio 2021 -Si è concluso poco dopo le 21 il vertice iniziato alle 19 a palazzo Cjigi tra il premier Mario Draghi:  una riunione operativa sulla situazione della pandemia, sulle varianti del virus e sulle nuove misure da inserire nel provvedimento che dovrà entrare in vigore il 6 marzo. Oltre al alcuni ministr,hanno preso parte all’incontro anche il coordinatore del Cts Agostino Miozzo, il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro e il presidente del Css, Franco Locatelli. Il primo a uscire, alle 20, con Locatellie  Brusaferro, è stato Miozzo, con poche ma eloquenti dichiarazioni: «Abbiamo rappresentato al presidente Draghi i dati e i numeri dal punto di vista scientifico noi siamo prudenti, ma non abbiamo descritto una situazione di catastrofe imminente. Non abbiamo parlato di riaperture, se ne parlerà in un'altra occasione. Venerdì ci sarà una nuova fotografia della situazione, poi vedremo».

La riunione poi era continuata con i ministri dell'Economia, Daniele Franco, della Salute, Roberto Speranza, dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, degli Affari Regionali, Maria Stella Gelmini, dei Beni culturali, Dario Franceschini e dell'Agricoltura, Stefano Patuanelli. Il tema più caldo e atteso del vertice riguardavave i parametri per le possibili riaperture. Con  la novità delle varianti in molte regioni italiane si dovrà infatti stabilire se modificare una serie di parametri nel sistema delle fasce di colore. Per venerdì potrebbe essere pronto un decreto legge.La richiesta dei ministri sembra essere stata quella, in discontionuità con il Governo Conte, di coinvolgere maggiormente  il Parlamento nell’adozione dei futuri provvedimenti anti-Covid. I ministri starebbero dunque pensando  a un superamento dei Dpcm, modalità adottata finora per l’introduzione delle misure restrittive. L’ipotesi per il futuro - in questi casi - potrebbe quindi essere l’approvazione di decreti legge, che vanno poi convertiti in legge dal Parlamento entro 60 giorni.

Circa i temi trattati, come è noto Draghi parla decisamente meno di Conte. Anzi, se può, tace volentieri.. Ma qualcosa, dalle indiscrezioni, è trapelato. Le varianti spingono la diffusione del Covid - oltre il 30% delle infezioni in Italia è dovuto a quella inglese e a metà marzo sarà predominante in tutto il Paese, hanno detto gli esperti di Iss e Cts al premier - e in diverse zone si materializza la temuta terza ondata. Allarme alto, in particolare, nella provincia di Brescia, che diventa così zona «arancione rafforzata», al pari di 14 comuni dell’Emilia Romagna; crescono poi le zone rosse in diversi territori mentre nelle ultime 24 ore si registrano altri 356 morti, ben 82 più di ieri, mentre i pazienti ricoverati in terapia intensiva aumentano di 28. Draghi ha cercato una quadra tra «aperturisti» e «rigoristi» in vista del nuovo provvedimento che dovrà sostituire il dpcm firmato da Giuseppe Conte in scadenza il 5 marzo: Un provvedimento da varare nei prossimi giorni, non prima comunque del monitoraggio di venerdì prossimo. Il leader della Lega Matteo Salvini, da parte sua, insiste a chiedere le riaperture, ma il ministro della Salute Speranza e gli esperti del Cts frenano, segnalando il rischio contagi, specie alla luce delle nuove varianti.