STEFANO ZANETTE
Cronaca

La famiglia sotto processo. Il teste chiave racconta in aula:: "Ibrahim li implorava di vivere"

Il compagno di una delle figlie ha ricostruito l’orrore dell’eliminazione di Mansour. Sentito pure Massimo Rondinelli, il figlio condannato in abbreviato dopo aver confessato.

La famiglia sotto processo. Il teste chiave racconta in aula:: "Ibrahim li implorava di vivere"

La famiglia sotto processo. Il teste chiave racconta in aula:: "Ibrahim li implorava di vivere"

Un’intera famiglia coinvolta, spaccata dall’omicidio, con una testimonianza che ha ribadito le accuse e due degli imputati che invece hanno respinto ogni addebito. E momenti drammatici nella ricostruzione del delitto, cui sono seguiti anche attimi di tensione in aula. È proseguito ieri in Tribunale a Pavia il processo iniziato il 25 marzo per l’omicidio di Ibrahim Mohamed Mansour, 44enne egiziano trovato carbonizzato nella propria auto alla frazione Morsella di Vigevano il 14 gennaio 2023, dopo essere stato ucciso a colpi di pistola e fucile a Cassolnovo.

Nel procedimento sono imputati Carmela Calabrese, 56 anni; il marito Antonio Rondinelli, 65enne; il loro figlio Claudio, 40 anni. Un altro figlio e fratello degli imputati, il 35enne Massimo Rondinelli, per lo stesso omicidio è già stato condannato a gennaio, con rito abbreviato, a 19 anni di reclusione, confessando il proprio ruolo nel delitto. Ieri ha testimoniato ribadendo la propria versione dei fatti, a tratti contraddittoria nel negare il coinvolgimento dei familiari che sono invece accusati dall’altra testimonianza di Luigi D’Alessandro, compagno 38enne di un’altra figlia e sorella degli imputati. Proprio D’Alessandro è considerato il teste chiave, dopo che ha richiesto il patteggiamento a un anno e otto mesi per la sola accusa di occultamento di cadavere. Ieri mattina in aula la sua testimonianza è stata a tratti drammatica nella ricostruzione dei fatti, con la vittima che implorava che non gli sparassero, come gli sarebbe stato riferito dai presunti responsabili.

Per l’accusa il delitto è scaturito da motivi economici, in particolare legati alla volontà della vittima di ottenere l’affidamento della figlia avuta cinque anni prima da un’altra figlia e sorella degli imputati. Per l’accusa l’omicidio era stato deciso in una riunione di famiglia convocata da Carmela Calabrese che, pur non avendo partecipato materialmente all’esecuzione, ne sarebbe la responsabile morale e per questo è imputata per concorso in omicidio volontario. La donna si è avvalsa della facoltà di non testimoniare.

Sono invece stati ascoltati ieri gli altri due imputati, entrambi per omicidio volontario. Claudio Rondinelli ha negato con determinazione persino di essere stato presente sulla scena del delitto, accusando di essere detenuto ingiustamente da più di un anno, con attimi di tensione in aula fino alla sospensione dell’udienza, proseguita poi nel pomeriggio con Antonio Rondinelli che a propria volta ha negato ogni responsabilità. Prossima udienza il 13 maggio.