GABRIELE MORONI
Cronaca

Voghera, dalla celebre casalinga al politico “sceriffo”

Emiliani tra passato e presente: "La “nera“ era una disperazione. Non arrivava nessuna notizia. Un posto spento e pacifico"

Voghera

Voghera

di Gabriele Moroni

"Voghera è tutto fuorché una città violenta". Parola di un grande vogherese di adozione. Vittorio Emiliani è approdato nella città Oltrepadana nel 1954, al seguito del padre segretario comunale. Due anni dopo, è stato fra i fondatori del settimanale “Il Cittadino“. Nello stesso anno, a Pavia, è diventato direttore del giornale degli universitari “Ateneo Pavese“. Inviato de “Il Giorno“ di Italo Pietra, ha seguito Pietra a “Il Messaggero“, di cui è diventato direttore nel 1980. Alla città dei suo esordi giornalistici ha dedicato di recente il libro “Vi racconto Voghera. Vita, società e politica dal 1700 al 2000“. Emiliani, dalla casalinga di Voghera all’assessore con la pistola. "L’espressione ‘casalinga di Voghera’ era di Beniamino Placido, ma mutuata da scritti di Arbasino. Una definizione che si addice a una città dove il tasso di violenza è sempre stato basso. Una città un tempo vivace, oggi piuttosto spenta. Si è perduta anche l’identità industriale. Comunque Voghera è in fondo una città pacifica".

L’immigrazione: "Voghera ha dimostrato di sapere assorbire di volta in volta i flussi migratori. Quello franato, è il caso di dirlo, dall’Appennino negli anni ‘30 e nel dopoguerra. Quello arrivato dal Veneto, soprattutto dopo l’alluvione del Polesine del 1951, impiegato specialmente nell’agricoltura. Ne sono usciti anche dei buoni pugili a livello dilettantistico, per tanti ragazzi le palestre di pugilato sono state un po’ una scuola di vita. L’immigrazione dal Sud. L’ultima, dall’Est, soprattutto di romeni". Certi episodi, allora, sono anomali, estemporanei.

"L’episodio dell’assessore fa una grande impressione. È un fatto del tutto abnorme. Quanti girano armati a Voghera? Se sento parlare di armi, il primo nome che mi viene in mente è quello di Memo Arneri, un armaiolo originario di Tortona, soprannominato ‘al caciadur’, grande amico di Fausto Coppi che ogni tanto passava a trovarlo. Ai tempi in cui vivevo a Voghera le armi che circolavano erano le doppiette dei cacciatori. Ce n’erano tanti, andavano in battuta al Penice, al Brallo. Ogni tanto passava Gianni Brera, cacciatore di beccaccini. Tutto questo per dire che non ricordo armi da fuoco legate a episodi così clamorosi. Non c’era l’uso di portare armi magari appese al cinturone. Quando lavoravo al settimanale “Il Cittadino“, la cronaca nera era la nostra disperazione: non ce n’era. Certo discorriamo di altri tempi. Non si parlava ancora di droga e di prostituzione da strada, con tutto quello che significano in termini di criminalità, di violenza". Sindaci, amministratori: "Pacifici. Impossibile anche solo immaginarli armati. Prendiamo Ernesto Gardella. È stato presidente della Municipalizzata, poi sindaco per due mandati. Aveva usato le armi solo quando era in montagna e faceva la sua parte da partigiano, nome di battaglia Gim. Tutti sindaci estremamente pacifici. Anche se all’esterno Voghera era attraversata da manifestazioni di piazza vivaci, forti".