Da Star a Candy, decine di marchi brianzoli in mani straniere

Diversi simboli del boom economico del territorio sono stati venduti, un fenomeno accentuato dalla crisi

La Star, uno dei simboli storici della Brianza, ora è di proprietà straniera

La Star, uno dei simboli storici della Brianza, ora è di proprietà straniera

Monza, 30 settembre 2018 - Candy è solo l’ultima grande impresa Made in Brianza a passare in mani straniere. Non sono poche le famiglie che hanno fatto la storia dell’economia (anche a livello mondiale) nate a Monza e dintorni ad aver ceduto alle lusinghe, e ai soldi, provenienti dall’estero. Un fenomeno che, complice anche la crisi e il declino industriale del Paese, ha registrato un aumento nell’ultimo decennio ma che ha origini ancor più antiche, negli anni ’80. È infatti di quel periodo la decisione della famiglia Sada (originaria di Crescenzago ma d’adozione brianzola - tanto che a Gino Alfonso Sada è dedicato il vecchio stadio del Monza, squadra di cui fu per un decennio presidente) di vendere la Simmenthal (vanto dell’industria alimentare brianzola e italiana) al gruppo americano Kraft General Foods. Una scelta che portò nel 1994 alla definitiva chiusura dello storico stabilimento monzese dove si produceva la famosissima carne sotto gelatina in scatola.

Uno dei passaggi di mano più clamorosi resta però quello registrato a fine 2008. La Valli&Valli, azienda di Renate leader mondiale nella produzione delle maniglie, passò al gruppo svedese Assa Abloy. Il proprietario dell’impresa renatese era infatti Carlo Edoardo Valli, all’epoca presidente dell’Associazione industriali di Monza e Brianza (anche questa oggi non esiste più, “assorbita” dalla milanese Assolombarda, ma è tutta un’altra storia), e grandissimo sostenitore della “brianzolità” delle imprese. Una decisione presa in un momento in cui l’economia Italiana stava per essere travolta da una crisi pesantissima. Valli, anche in questo caso con intuito, fiutò il vento e vendette facendo inserire alcune garanzie per lo stabilimento renatese (perdendoci qualche soldino) che ancora oggi è operativo con circa 90 dipendenti. Un’azienda nata nel 1943, fondata da Pasquale Valli, in un’epoca in cui le maniglie si vendevano a peso in sacchi di juta e che il figlio, Carlo Edoardo (oggi vicepresidente della Camera di commercio di Milano Monza Brianza e Lodi) trasformò in un’industria la cui produzione di design è diventata famosa in tutto il mondo.

Prima di Valli era stata un’altra grande famiglia brianzola a vendere l’impresa. Due anni prima, nel 2006, i Fossati cedettero la Star (quella del doppio dado concentrato) alla spagnola Gallina Blanca (oggi appartiene a GBfoods, un gruppo che accompagna diverse realtà alimentari e aziende locali ed è presente in Spagna, Italia, Olanda, Russia ed est Europa e in 30 Paesi dell’Africa e Medio Oriente). Un miracolo industriale nato nel anni ’70 quando alla Star di Agrate lavoravano 3.500 persone. Oggi in Brianza ci sono 190 addetti, ma dove, dopo anni di tagli e riduzione del personale, negli ultimi mesi è partito un piano industriale che dovrebbe portare al rilancio, e forse a nuova occupazione, dello stabilimento agratese.

Più di recente, 4 anni fa, era toccato alla monzese Rottapharm. L’azienda farmaceutica (produttrice ad esempio di Saugella) nata nel 1961 guidata dalla famiglia Rovati era stata acquistata (laboratori di ricerca esclusi) dalla svedese Meda per una cifra monstre di 2,27 miliardi di euro. Un gruppo che a sua volta è stato recentemente inglobato dalla statunitense Mylan. Oggi, quasi 500 persone (fra impiegati e informatori) fanno ancora capo alla sede monzese nel quartiere di San Fruttuoso.

A Concorezzo nel 1860 era invece nata la Frette. Azienda tessile di lusso. Tanto da essere nel corso degli anni la fornitrice ufficiale di lenzuola e asciugamani alla casa reale dei Savoia ma anche al Vaticano. Erano griffate Frette anche le lenzuola del Titanic. Oggi i telai di Concorezzo sono fermi e anche lo storico negozio in centro Monza ha chiuso. Il marchio dal giugno del 2014 appartiene a un fondo di investimenti britannico Change Capital Partners che ne controlla la maggioranza (il precedente proprietario era il fondo statunitense JH Partners che ha conservato una quota di minoranza).

Nulla più rimane in Brianza nemmeno della Bburago. La storica impresa di modellini d’auto travolta nel 2006 da uno scandalo finanziario. Il marchio è stato acquistato nel 2014 dalla cinese May Cheong Group (proprietaria di Maisto e Polistil) che ha ripreso la produzione in Cina. A Burago non è rimasto niente dell’impero costruito in via Galileo a partire dal 1974 dal cavalier Mario Besana.

Quella di Candy è invece storia di due giorni fa. La famiglia Fumagalli, produttrice della prima lavabiancheria Made in Italia nel 1945, ha venduto per 475 milioni di euro il 100% dell’azienda al gruppo cinese Haier (maggior produttore mondiale di elettrodomestici con oltre 30 miliardi di euro di fatturato). Nella sede monzese, nonostante le raccomandazioni («Haier lascerà almeno 10 anni il suo quartier generale europeo a Brugherio», ha spiegato l’ad di Candy, Beppe Fumagalli) i 500 operai e i circa 400 impiegati si domandano cosa sarà di loro. Venerdì i Fumagalli hanno cercato di rassicurare gli impiegati nel corso di un incontro in sala mensa. Lunedì invece a inizio di ogni turno (alle 6 e alle 13.30) si svolgeranno assemblee informative dei sindacati con gli operai.