Monza, 23enne portata in Pakistan con la forza: "Sono in Italia, l'incubo è finito"

Salvata dalla Farnesina. La famiglia l’aveva riportata in patria

Memoona Saftar

Memoona Saftar

Monza, 21 settembre 2018 - Libera, sorridente, di nuovo in Italia. Come sperava lei, la pachistana Memoona Saftar, 23 anni, nella lettera in cui chiedeva aiuto alla sua ex scuola in Brianza dalla casa-prigione nel Paese d’origine dove era stata riportata con una scusa dalla famiglia. «Non è vero, è lei che era voluta tornare in Pakistan», respinge ogni accusa il fratello proprio nelle stesse ore in cui la ragazza volava verso Milano grazie all’intervento decisivo della Farnesina.

Un’operazione lampo, quella con la quale l’islamica ‘intrappolata’ nel suo Paese è stata riportata in Italia dopo l’esilio forzato deciso dai genitori, contrari alle sue scelte di vita: l’uomo che a loro non piace, soprattutto, e che lei invece ha deciso di sposare. Ieri sera Memoona, a cui il padre aveva sottratto tutti i documenti, è sbarcata a Malpensa. «È finito un incubo, sono in Italia», le sue prime parole una volta a terra. Con tutta probabilità vivrà per qualche giorno in un luogo protetto. Documenti in regola e burocrazia lampo. A chiudere il caso è stata la Farnesina, che ha risposto all’appello lanciato dalla ragazza attraverso una lettera recapitata nella scuola che prima della partenza frequentava a Cesano Maderno, in Brianza.

Memoona accusava la famiglia, madre e padre che vivono tuttora con l’altro figlio alle porte di Monza, di averla portata in patria con l’inganno, di averle fatto sparire i documenti. Soltanto nel giorno in cui la 23enne è ritornata dove voleva vivere, il fratello Raza prova a gettare acqua sul fuoco. «Se viene a casa non ci sono problemi – dice, affacciato alla palazzina di Bovisio Masciago –,  io sono felice». In realtà per la giovane negli ultimi anni la situazione famigliare si era trasformata in un inferno. «Mi hanno picchiata tante volte, tante», ci ha raccontato al telefono quando era ancora a Lahore, «ma io voglio tornare in Italia, finire gli studi in Telecomunicazioni, trovarmi un lavoro e stare con la persona che amo». Proprio  l’uomo con cui la giovane avrebbe deciso di sposarsi sarebbe al centro della discordia con la famiglia. «Non volevamo il suo uomo con noi perché non è una bella persona, è pericoloso, non è vero che non volevamo che studiasse – sottolinea ancora il fratello –. Lei voleva tornare, mio padre le ha detto che non avremo accettato lui, e lei l’ha sposato». «Mio padre le ha detto che le avrebbe pagato il biglietto di ritorno – aggiunge il giovane –, purché non stesse più con quell’uomo, nella nostra zona in Pakistan anche i bambini sanno chi sia». In famiglia negano di aver sottratto i documenti a Memoona: «La accogliamo, siamo contenti, basta che non porti lui in famiglia». 

Una querelle che proseguirà, pur se nel privato della vita domestica. Ma il caso ha già travalicato il confine della vita pubblica, passando dall’interessamento di scuola, carabinieri e prefettura approdando – per la sua soluzione definitiva – alla politica e ai corridoi della Farnesina. L’appuntamento per la ragazza all’ambasciata di Lahore, l’imbarco, i documenti. Tutto eseguito con rapidità e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi che rivendica il proprio «interessamento personale».