STORIE DI BRIANZA - Il frate che combatteva i diavoli si rifugiò a Monza

L'incredibile vita di Carlo Doniselli-Padre Aldo, ex frate cappuccino e guaritore allontanato dalla Chiesa

La tomba di Carlo Doniselli-Padre Aldo a al cimitero di Bergamo

La tomba di Carlo Doniselli-Padre Aldo a al cimitero di Bergamo

Monza, 19 maggio 2019 – UN MISTERIOSO ABITANTE. Chissà se qualcuno ancora lo ricorda. Torniamo con le lancette alla fine degli anni Sessanta. In una villetta fra il Parco e il centro storico, in via Enrico Toti, viene a vivere un uomo. All’inizio, almeno a Monza, non lo conosce nessuno. Ma presto chi abita in città non può non rendersi conto che quello sconosciuto in abito scuro venuto ad abitare a Monza deve essere una personalità: tutti i giorni, infatti, alla sua villetta accorrono decine e decine di persone.

In automobile, addirittura a volte a bordo di pullman organizzati proprio per quel viaggio. Da tutta Italia, persino dall’estero: le cronache dell’epoca raccontano infatti che fra i tanti visitatori c’è addirittura una signora americana che si presenta in via Toti almeno una volta alla settimana. Molti poi arrivano con taniche d’acqua, croci, rosari.

E non si tarda a scoprire la verità su quel misterioso nuovo concittadino: all’anagrafe si chiama Carlo Doniselli, ma tutti lo conoscono con un altro nome, Padre Aldo. Ha quarantotto anni ed è un ex frate cappuccino. Ex, ma non per sua scelta. Fino a poco tempo prima, scacciava i diavoli e guariva gli infermi...

 

UNA VITA FUORI DAGLI SCHEMI

Padre Aldo era un frate cappuccino. Fino al 1965 almeno, quando era stato sospeso “a divinis” e gli era stato imposto di lasciare Bergamo, dove viveva e gestiva un orfanotrofio che lui stesso aveva fondato, e gli era stato chiesto di trasferirsi a Casalmaggiore, in provincia di Cremona. L’imposizione aveva suscitato molte polemiche però, centinaia di fedeli si erano infuriati e avevano addirittura trascorso notti di veglia e preghiera nel tentativo di scongiurare – invano – quel trasferimento. Per chetare le acque Padre Aldo, volto fiero e barba fluente, preoccupato della sorte degli orfanelli che aveva in affidamento (alcuni mandati da Padre Pio!), aveva affrontato la stampa e aveva dichiarato: “Ho seguito soltanto i precetti del Vangelo laddove comanda testualmente: ‘Andate, cacciate i demoni e guarite’. La Chiesa dovrebbe studiare più a fondo le questioni di questo tipo, invece di limitarsi a intervenire drasticamente. Poiché però tengo più di ogni altra cosa al mondo alla mia veste, me ne andrò alla chetichella quando sarà tornata la calma”. La ragione che aveva spinto la Chiesa a tentare di allontanare quel religioso erano appunto gli esorcismi e le guarigioni che praticava. E che lo avevano reso quasi una star.

Nel 1966 un decreto della Sacra Congregazione degli ordini religiosi di Roma lo aveva definitivamente ridotto allo stato laicale e pertanto non gli era stato più consentito di indossare le vesti da frate. Il decreto gli era stato notificato a Monza, nella parrocchia di San Gerardo, dove aveva riparato nel frattempo. Al suo cospetto si erano presentati il padre provinciale dell’Ordine dei Cappuccini e il parroco di San Gerardo, don Florindo Spinelli. Nel rifugio monzese Padre Aldo era stato costretto ad abbandonare il saio e aveva scelto di ripiegare su una severa veste color grigio scuro stretta in vita da un cordone ma non aveva abbandonato le vecchie abitudini.

Certo, chi lo conosceva bene assicurava che le ultime traversie lo avevano molto provato, anche fisicamente, tanto che da uomo aitante e robusto quale era sempre stato appariva ora profondamente smagrito. Eppure, nonostante non potesse più esercitare i sacri uffici, Padre Aldo continuava a ricevere centinaia di fedeli che accorrevano a lui in cerca di una benedizione o un conforto. Una folla sempre crescente – raccontano con un certo stupore le cronache monzesi dell’epoca – dovuta al fatto che Padre Aldo non solo impartiva benedizioni da cui i suoi fedeli assicuravano di trarre benefici fisici e morali, ma praticava autentiche guarigioni ed esorcismi.

Forme di isterismo collettivo, fanatismo? La religione ufficiale ne era convinta, tanto da essere arrivata a prendere così drastici provvedimenti nei confronti dell’ormai ex frate. Questo però, come si era ben visto, non aveva scoraggiato i fedeli che continuavano nel loro pellegrinaggio verso la sua casa. Una situazione che aveva creato un certo imbarazzo a Monza e nella Diocesi di Milano. Peraltro l’ex frate non chiedeva denaro, ma accettava soltanto offerte che pare devolvesse interamente all’Istituto “Nostra Signora della Fiducia” di Bergamo, che aveva lui stesso anni prima aveva messo in piedi raccogliendo una trentina di orfanelli. E continuava regolarmente a funzionare anche dopo il suo allontanamento.

LA FINE

Tutto finisce tragicamente l’11 aprile 1968 quando Carlo Doniselli muore all’età di 50 anni in un incidente sull’autostrada Milano-Venezia. L’auto su cui si trovava, condotta da un amico di 28 anni, alle 3 di notte tampona un autotreno a poca distanza dal casello di Montebello Vicentino. L’urto è violentissimo, l’auto si incastra sotto il cassone del rimorchio. Il camionista estrae i corpi dei due automobilisti, immediatamente portati all’ospedale. Purtroppo però e ferite di Carlo Doniselli sono gravissime e l'ex frate muore nel tragitto.

La notizia suscita profondo cordoglio fra i suoi amici e fedeli. La sua villa di Monza viene immediatamente parata a lutto. La salma viene portata invece a Redona, la frazione di Bergamo dove aveva fondato la casa di “Nostra Signora della Fiducia”. E lì vengono celebrati i funerali dell’uomo, che da allora riposa al Cimitero Monumentale di Bergamo.