Brianzoli rapiti in Mali, la paura

Angoscia per la sorte di Rocco Langone e della moglie Donatella, di Triuggio, e del figlio Giovanni, di Lissone

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"Non sapevo niente, non siamo ancora stati informati - dice in tarda serata la sindaca di Lissone Concetta Monguzzi -, aspettiamo di avere più notizie. Di certo, al di là del fatto che abbiano residenza in Brianza, è una cosa terribile, che mi auguro si risolva presto e al meglio".

Una famiglia brianzola rapita in Mali, nel cuore dell’Africa. Rocco Antonio Langone, nato a Potenza il 23 febbraio 1958, abitava a Triuggio, con la moglie Maria Donata Caivano detta Donatella, nata a Ruoti, sempre in Basilicata, il 1° luglio del 1960. Il figlio Giovanni, nato il 24 ottobre del 1979 in Brianza, viveva invece a Lissone, ed era separato.

Per il momento arrivano con il contagocce le notizie sulla famiglia Langone. Anche in Brianza, dove si erano trasferiti da un quarantina di anni per lavoro, non sembrano conoscerli in molti. Quello che si sa con certezza è che tutti e tre erano testimoni di Geova e che da diversi anni si trovavano tutti nel pericolosissimo Paese del Sahel dove imperversano gruppi jihadisti. Dove avevano assunto un secondo cognome. E dove pare volessero costruire una chiesa. I tre sarebbero stati rapiti assieme a un cittadino del Togo, forse il loro domestico, nella tarda serata di giovedì da quattro uomini armati nella località Sincina, nel sud-est del Mali.

L’Associazione dei Testimoni di Geova del Senegal, responsabile per l’area, precisa: "Da quasi un anno non abbiamo alcun missionario" né "alcun religioso" sul posto sebbene, come è ovvio, ci sono "Testimoni di Geova in Mali come in molte altre parti del mondo". Testimone di Geova pare fosse anche l’uomo dl Togo rapito assieme alla famiglia brianzola. "I componenti della famiglia rapita sovivono in Mali per motivi personali e dunque non sono lì in qualità di missionari - hanno precisato ancora in una nota dalla Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova - Preghiamo sia per loro che per le loro famiglie, e ci auguriamo che questa vicenda si concluda nel modo migliore". "Non li conosco personalmente, ma se erano lì per quel motivo avevano sicuramente obiettivi evangelici e di pace - dice ancora la sindaca di Lissone - è quindi un dispiacere ancora più grande". Del caso sono stati informati anche il carabinieri del Comando provinciale di Monza.

Dario Crippa

Alessandro Crisafulli