Guerra in Ucraina: dopo il primo flop, oggi è attesa per la tregua sui corridoi umanitari

Cessate il fuoco annunciato da Mosca a partire dalle 10: previste evacuazioni da Kiev, Kharkiv, Sumy, Mariupol

Kiev - La guerra tra Russia e Ucraina continua. Nonostante un timido passo avanti sul fronte diplomatico, spari ed esplosioni non si placano. Anche nel dodicesimo giorno di conflitto in Ucraina si contano decine di vittime civili  e dal punto di vista militare tutta la zona a ovest di Kiev sembra ormai in mano russa. Il centro della Capitale dista ancora una ventina di chilometri ma Irpin, dove in questi giorni si sono registrati alcuni degli attacchi più pesanti da parte russa anche contro la popolazione, è in buona parte sotto il controllo di Mosca. La giornata di ieri, però, non può essere considerata "soddisfacente" per le truppe di Putin perché in altre località la resistenza degli ucraini si è fatta sentire.

Mariupol, per esempio, pur senza acqua, cibo ed elettricità rimane ancora nelle mani di Kiev, ed anche gli altri centri principali del Paese non sono ancora stati conquistati dai carri armati con la "Z". Dnipro, Kharkiv, Odessa e naturalmente tutti i capoluoghi dell'ovest tengono duro ma la Russia potrebbe intervenire in modo più violento e capillare. Come dimostrato, per altro, dai bombardamenti di oggi: fra le strutture colpite anche fabbricati che non possono certo essere definiti obiettivi militari come un panificio a Makariv (almeno 13 morti) e un liceo vicino a Kharkiv (una vittima). In fiamme anche due depositi di petrolio, senza che si registrassero vittime. E in tarda serata, poco prima di mezzanotte, la Bbb ha riportato di forti esplosioni al porto di Odessa, probabilmente provocate dal sistema di difesa di Kiev che avrebbe abbattuto missili russi lanciati da navi da guerra. Prima, in serata, le forze ucraine avevano già rivendicato l'abbattimento di due aerei di Mosca.

Nel frattempo, i corridoi umanitari sono rimasti in stand by: la Russia ha proposto sostanzialmente di fare uscire i civili in direzione Bielorussia ma la risposta di Kiev è stata negativa. Minsk è il più stretto alleato di Mosca in questo conflitto e la reazione del governo Zelensky - ricomparso in serata con un video messaggio in cui afferrma di essere a Kiev e di volervi rimanere- non poteva essere diversa. In serata da Mosca è arrivato l'annuncio di un cessate il fuoco dalle 10 del mattino di oggi (le 8 in Italia) per consentire l'apertura di corridoi umanitari da Kiev, Kharkiv, Sumy e Mariupol. Russia e Ucraina, poi, avrebbero stabilito di creare un canale di comunicazione per monitorare l'andamento delle operazioni di evacuazione. Notizia, quest'ultima, che arriva da fonti russe.

Nel pomeriggio è andato in scena il terzo round dei colloqui fra i due Paesi, ma all'orizzonte non si profila alcune soluzione, anche perché Vladimir Putin avrebbe ribadito le stesse richieste irricevibili dei giorni scorsi: riconoscimento del Donbass e della Crimea, neutralità e smilitarizzazione dell'Ucraina. Mosca, poi, ha annunciato che un quarto round si terrà "a stretto giro di posta". E la data potrebbe essere stabilita domani. Qualche speranza in più, però, potrebbe invece arrivare dall'incontro diretto fra i due ministri degli esteri, Lavrov e Kuleba, che dovrebbe tenersi in Turchia, al forum diplomatico in programma fra tre giorni. 

Questo in attesa - se e quando accadrà - che si apra una trattativa in cui abbiano un ruolo consistente i maggiori Stati dell'Unione Europea e, soprattutto, gli Usa, il cui coinvolgimento diretto sarebbe reclamato dallo stesso Putin, anche come una sorta di riconoscimento dell'importanza della Russia sullo scacchiere mondiale. Sul fronte occidentale, per ora, si registra il vertice via telefono fra il presidente degli Usa Joe Biden e tre leader europei, il francese Emmanuel Macron, il britannico Boris Johnson e il tedesco Olaf Scholz. I quattro hanno parlato della possibilità di approvare nuove sanzioni ma hanno anche tenuto aperto uno spiraglio all'eventualità di riannodare i fili di uno "sforzo diplomatico". In serata telefonata anche fra il premier itaaliano Mario Draghi e il cancellere di Berlino.

Sembra ormai chiaro che né il fronte militare né le proteste interne possano fermare Putin, che è tornato a farsi sentire dicendo che non manderà in Ucraina soldati di leva o riservisti, ma solo "professionisti". Forse solo la disastrosa situazione economica, con il rublo in crollo verticale, le sanzioni internazionali e le aziende che lasciano il Paese potrebbero fargli cambiare idea. O le pressioni dei suoi partner (Cina, anche se un ruolo diretto del Dragone sembra difficile) e di quei governi, come appunto la Turchia, che con Mosca intessono rapporti politicamente rilevanti.

Intanto, la Russia ha diffuso una lista di Paesi considerati ostili alla Russia. Ci sono tutti i 27 paesi dell'Unione europea - inclusa quindi l'Italia - ma anche gli Usa, il Regno Unito e piccole nazioni, come Andorra, Islanda, Liechtenstein, Monaco, San Marino e Micronesia. Spicca la presenza - inedita - della Svizzera, che ha rotto la sua tradizionale neutralità per sostenere le misure internazionali contro la Russia.