Le conseguenze economiche e i costi dell'11 settembre su borse ed economia nel mondo

Le torri valevano 1,2 milIiardi ma le assicurazioni ne pagarono 4,5. Nella sola New York in tre mesi si persero 430mila posti di lavoro

Un'immagine simbolica del crollo americano

Un'immagine simbolica del crollo americano

Quanto è costato in termini economici l'11 settembre 2001? Una stima reale dell'impatto della tragedia in termini finanziari, e non solo, non è mai stato realmente fatto. Ma abbiamo tutta una serie di dati certi, che possiamo aggregare. Cominciamo anzitutto dalle due strutture distrutte, a cui va ad aggiungersi il Wtc7 attiguo. Nella primavera del 2001 un imprenditore, Larry Silverstein, già proprietario del Building 7, si  era offerto per rilevare la gestione delle Torri Gemelle con un contratto d'affitto di 99 anni. 

L'enigma del miliardario felice

In quel momento il valore sul mercato delle Twin Towers era di circa 1,2 miliardi di dollari, ma Silverstein pagò 3,2 miliardi. La notizia alimentò poi una serie di complottismi successivi sull'autodistruzione delle torri, corroborata anche dal fatto che l'imprenditore, alla fine di un'aspra battaglia legale,  avrebbe poi incassato 4,5 miliardi di risarcimento dalle assicurazioni. Ma tutto resta da verificare, di certo l'ordine di valore dell'edificio e delle sue infrastrutture interne si assesta almeno attorno ai 3 miliardi di dollari.

Il costo dei conflitti

Senza passare dall'incalcolabile valore delle 3mila vita umane perdute, ben più elevato del costo della struttura, da moltiplicare almeno per mille, è il prezzo per il governo americano delle due guerre innescate dall'attentato, quelle contro l'Iraq e l'Afghanistan. Qui siamo sull'ordine di 5mila miliardi di dollari, a cui vanno aggiunte le spese per incrementare la sicurezza interna negli aeroporti, al Pentagono e nelle piazze delle principali città americane. 

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La crisi del lavoro a New York

Ma veniamo all'impatto sull'economia reale. Tanto per cominciare, fu la città di New York a pagare lo scotto più altro della tragedia. Nella Grande Mela furono 430mila i posti di lavoro persi e 2,8 i miliardi di dollari di stipendi evaporati nei primi tre mesi successivi alla tragedia. Nello stesso periodo e nel 2002 in città il Pil crollò di 27,3 miliardi di dollari, in parte coperti dal governo federale con stanziamenti  per lo sviluppo e la ricostruzione delle infrastrutture. Ma a subire il contraccolpo più violento, a New York, fu la Borsa.

La picchiata del trading

Nel primo giorno di trading, prima di chiudere fino al 17 settembre, il Nyse bruciò più del 7%, il Dow Jones 14 punti percentuali e lo Standard & Poors 11,6. Le due compagnie aeree coinvolte nei dirottamenti, la American Airlines e la United Airlins, persero circa il 40% e il focolaio si estese a tutte le borse del mondo, con effetti difficilmente quantificabili in triliardi di dollari persi, In Italia, per esempio, il Mibtel e il Mib30 persero rispettivamente il 7,4% e il 7,79% in un giorno, arrivando nei mesi successivi a dimezzare i valori dei listini. 

Oro, petrolio, compagnie aeree e assicurative

Il prezzo del petrolio schizzò subito in alto del 6% insieme a quello dell'oro, bene rifugio nei momento di tensione internazionale. Ma a pagare un forte pegno furono soprattutto il comparto assicurativo e i titolo delle compagnie aeree, alcune delle quali intravidero addirittura lo spettro della bancarotta, dopo aver dovuto rimborsare  i biglietti ai passeggeri dopo il blocco di molti voli e avere fatto fronte  al crollo della domanda di viaggi e del turismo in generale.