Guerra in Ucraina, protesta contro la Russia: "Boicottare vodka, caviale e tè"

Il dilagante hashtag #BoycottRussia chiede di disinstallare Telegram e di minimizzare l'uso di gas

Una protesta contro la guerra in Ucraina

Una protesta contro la guerra in Ucraina

E' guerra alla vodka. Dopo l'invasione dell'Ucraina, alcuni negozi di liquori e bar negli Stati Uniti e in Canada hanno deciso di ritirare dai propri scaffali le bottiglie dell'alcol russo "Svuotate tutte le bottiglie di vodka russa e, insieme a munizioni e missili, speditele vuote in Ucraina affinché possano essere usate come bombe Molotov", ha twittato il senatore repubblicano Tom Cotton. La risposta - per fortuna non legata alle bottiglie incendiarie - è arrivata dal New Hampshire, dove gli alcolici si vendono in negozi statali: il governatore repubblicano Chris Sununu ha annunciato la rimozione di tutti i prodotti russi. Stesse decisioni, praticamente in contemporanea, sono arrivate da altri Paesi.

Ieri, sabato 26 febbraio, il governatore repubblicano dell’Ohio, Mike DeWine, ha ordinato al dipartimento del Commercio dello Stato di interrompere l’acquisto e la vendita di tutta la vodka prodotta da Russian Standard, che secondo il governatore è “l’unica distilleria all’estero di proprietà russa che vende vodka nell’Ohio”. DeWine stima, citando la Ohio Division of Liquor Control, che nello Stato ci sono “6.400 bottiglie di vodka prodotte da Russian Standard in vendita nelle 487 agenzie di liquori dell’Ohio”.

Sempre sabato sera, il governatore dello Utah, il repubblicano Spencer Cox ha emesso un ordine esecutivo diretto al Dipartimento per il controllo delle bevande alcoliche dello Utah per “rimuovere immediatamente dai suoi scaffali tutti i prodotti di produzione russa e a marchio russo”. “L’attacco spiegato della Russia a una nazione sovrana è una grave violazione dei diritti umani. Faremo la nostra parte per respingere gli invasori russi e stare con le nostre sorelle e fratelli in Ucraina”, ha spiegato Cox.

Stessa decisione per il governatore repubblicano del New Hampshire, Chris Sununu, che ha annunciato su Twitter di aver firmato un ordine esecutivo rivolto ai punti vendita di vino e liquori dello Stato per “iniziare a rimuovere gli alcolici di fabbricazione russa e di marca russa fino a nuovo avviso”. “Il New Hampshire – ha sottolineato il governatore - è al fianco del popolo ucraino nella sua lotta per la libertà”.

Anche il governatore repubblicano del Texas Greg Abbot “ha chiesto ai membri della Texas Restaurant Association, della Texas Package Stories Association e a tutti i rivenditori del Texas di rimuovere volontariamente tutti i prodotti russi dai loro scaffali”. “Il Texas – ha commentato  – è al fianco dell’Ucraina”.

E in Canada, il Liquor Control Board dell'Ontario, la provincia più popolata del Paese, ha annunciato la rimozione di tutti i "prodotti russi" dai suoi 600 punti vendita. Steven Del Duca, leader del Partito liberale dell’Ontario, ha commentato su Twitter: “Qualsiasi mezzo per tagliare fuori Vladimir Putin dovrebbe essere preso in considerazione durante la sua invasione illegale dell’Ucraina. È ora di togliere la vodka russa dagli scaffali”.

Tuttavia, a misura ritorsiva non farà particolarmente male alla Russia: di tutta la vodka consumata nei due Paesi, quella importata dalla Russia è circa l'1%, scrive il New York Times citando dati del Distilled Spirits Council of the United States, associazione dei produttori e distributori di alcolici.

Il boicottaggio di prodotti alimentari e bevande non è una novità in tempo di conflitti: nel 2003, ad esempio, quando la Francia si opponeva all'invasione dell'Iraq guidata dagli Stati Uniti, alcuni politici americani chiesero di boicottare il vino francese e se la presero con le patatine fritte, in Usa chiamate 'French fries', chiedendo di ribattezzarle 'Freedom fries'.

Ma in rete non è solo la vodka nel mirino: c'è chi con il dilagante hashtag #BoycottRussia chiede di disinstallare Telegram, fondato dal russo Pavel Durov (peccato che Durov, che vive sostanzialmente in esilio, nel 2014 si rifiutò di consegnare ai servizi russi i nomi dei manifestanti ucraini presi da VK, una sorta di Facebook russo, e di chiudere l'account di Alexey Navalny); ma anche chi propone di non acquistare caviale e tè russi e di minimizzare l'uso di gas.