È stato testimone, nel vero senso della parola, del crollo delle Torri Gemelle ma anche della rinascita di New York. Ha vissuto sulla cresta dell'onda il ventennio di Ny post 11 settembre - giorno del suo compleanno - diventando allo stesso tempo un "re delle notti" e un professionista di successo nel settore delle ristrutturazioni. Fino alla nuova caduta, quella causata dalla pandemia, che l'ha spinto, insieme alla famiglia, a salutare Harlem per trasferirsi prima in Virgina e poi in Italia, nella sua Bracciano nel Lazio. Ma, come cantano i Rem, "Leaving New York is never easy", per cui Francesco Mo, ingegnere 49enne, non lascerà mai la città delle mille luci che lo ha "adottato" nel lontano 1996 quando era ancora un ragazzo che scelse "di andare là per evitare di fare il militare" fino ad ottenere la doppia cittadinanza, visto che "mamma è americana" come del resto la moglie sposata nel 2011 e i due figli piccoli.
I suoi primi anni a New York sembrano il copione di un film: ce li riassume?
"Facevo il doppio lavoro, cameriere e ingegnere. E grazie alla mance guadagnavo molto di più con il primo, mi bastava una sera per eguagliare la paga di una settimana da ingegnere. Ho lavorato al Barolo e Le Cirque, ristoranti famosissimi, negli anni in cui la borsa tirava tantissimo e giovani uomini americani, neanche trentenni, usciti da Harvard o Princeton diventavano milionari in poco tempo"
Così è nato il terzo "lavoro": il pr
"Questi ragazzi mi chiedevano di organizzare feste nelle loro case, occupandomi della musica, del bere e di tutto il resto. Si fidavano di me. Poi nel 1999 con il crollo della borsa qualcosa è cambiato ma non la voglia di organizzare feste, Così andavo in giro per Manhattan in bicicletta a promuovere gli eventi notturni nei locali che mi riconoscevano, raccogliendo per strada le mail delle persone interessate una ad una. Così è nata la "lista Francesco" che tutti conoscevano. Ma per me era una fatica, ingegnere di giorno e pr la sera..."
Poi l'11 settembre: che ricordi ha?
"Indelebili: ero sopra un'impalcatura in un cantiere sulla 17esima, a un km dalle Torri Gemelle. Sentivo le sirene delle ambulanze e chiesi al portiere del palazzo cosa fosse successo. Mi rispose che un aereo si era schiantato su una torre. Senza pensarci troppo, presi la moto per andare lì. Mi fermai alla Canal Street e lì vidi con i miei occhi cadere la seconda torre. Si alzò un'incredibile nube di polvere che mi sommerse mentre scappavo via..."
Cosa è cambiato nella sua vita?
"Tanto e non solo nella mia. Per più di un anno la città si è fermata, niente più eventi, niente feste, niente più socialità. È arrivata la paura del diverso. Un periodo cupo come quello che si è vissuto nell'ultimo anno. Ma ieri come oggi, New York non si ferma. La voglia di vivere e ricominciare è più forte di tutto, del terrorismo e dalla pandemia".
Un esempio?
"Insieme a un amico ho lanciato le serate Made in Italy che sono diventate l'appuntamento clou per il divertimento non solo per la comunità dei giovani italiani ma per tutta la città. Ho portato qui Linus, Alex Farolfi e altri deejay italiani. Notti indimenticabili in una metropoli che stava ritrovando tutto il suo slancio".
E oggi?
"Oggi lavoro da remoto nella mia Bracciano, dove mi sono trasferito dopo la pandemia. E lo stesso fa mia moglie che è avvocato. Una scelta per la famiglia. New York era diventata invivibile, regnava la paura. Ci torno ogni 5 settimane per seguire più da vicino i cantieri affidati al mio studio. Mi fa piacere che vedere che stia ripartendo, anzi è già ripartita"