Giorgio Armani: vorrei un socio italiano e non fashion

Le indiscrezioni danno in pole Exor che sta investendo nel lusso

Giorgio Armani

Giorgio Armani

“Sarebbe bello avere  un socio, italiano ovviamente e non necessariamente del mondo fashion". Ecco il sogno espresso proprio così,  con queste parole,  da re Giorgio Armani, 86 anni, un desiderata che ha mandato in fibrillazione il mondo economico e i mercati mondiali. Oltre a scatenare  rumors su ipotetici accordi in fieri e tenuti nell’ombra. 

"Si potrebbe pensare all’unione con un’importante azienda italiana". Giorgio Armani ha scelto  Vogue Usa, per annunciare per la prima volta la possibilità di aprire a un partner. L’idea di continuare come marchio indipendente «non è strettamente necessaria» aggiunge lo stilista-imprenditore. Unica condizione per rinunciare all’indipendenza è che il partner sia italiano, ma non necessariamente - aggiunge - una fashion company.

Nella lunga intervista a Vogue Usa, Armani spiega anche di avere in mente di passare larga parte del business alla sua famiglia, in particolare alla nipote Roberta e al suo braccio destro Leo Dell’Orco. Quello che manca, però, «è qualcuno che dica si o no. Non c’è ancora - dice Armani - un boss». La nipote Roberta, da anni al suo fianco, spiega di essere sicura che lo zio abbia fatto i suoi piani, ma di non sapere nulla dell’eventuale ingresso di un partner, ma «sarebbe bello, finalmente, avere un’importante joint venture made in Italy nell’industria della moda».

Nel frattempo, Armani è tutt’altro che fuori dai giochi, anzi:  a chi  ricorda che una volta disse che sarebbe stato ridicolo essere tra i top designer a 85 anni, dice di aver spostato l’asticella ai 90. E basta vederlo lavorare per vedere che è tutt’altro che vicino alla pensione, tanto che lo infastidiscono - racconta - colleghi e competitor che parlano di lui come se fosse così celeste da essere fuori dai giochi. Insomma «come se fossi un presidente onorario», mentre «io sono il primo ministro». «Io voglio lavorare, decidere, cambiare le cose» sottolinea lo stilista, che già dalle prime fasi dell’emergenza covid non ne ha sbagliata una: è stato il primo a fare la sfilata a porte chiuse appena avuta notizia del primo caso noto italiano, il primo a fare una maxi donazione agli ospedali, il primo a convertire i suoi stabilimenti per la produzione di dpi, il primo ad aprire il dibattito sul senso della moda con una lettera aperta rivolta al settore.

La griffe resta una delle più appetibili al mondo e  inevitabilmente qualche rumors si è già scatenato, si parla di Remo Ruffini, patron di Moncler, che nel dicembre scorso ha acquistato il marchio di abbigliamento da uomo Stone Island, ed Exor, che ha rilevato il 24% di Christian Laboutin e investito con Hermès 80 milioni di euro in Shang Xia, marchio cinese del lusso .