Dargen D'Amico: "Non posso dir di no a Sanremo. Intanto ballo tra le macerie"

Tra ansia e speranze: "Non so ancora dove mi trovo". E sul palco porterà la sua rilettura de "La bambola" di Patty Pravo

Migration

Trovate questo articolo all'interno della newsletter "Buongiorno Milano". Ogni giorno alle ore 7, dal lunedì al venerdì, gli iscritti alla community del «Giorno» riceveranno una newsletter dedicata alla città di Milano. Per la prima volta i lettori potranno scegliere un prodotto completo, che offre un’informazione dettagliata, arricchita da tanti contenuti personalizzati: oltre alle notizie locali, una guida sempre aggiornata per vivere in maniera nuova la propria città, consigli di lettura e molto altro. www.ilgiorno.it/buongiornomilano

Milano - Un tempo Dargen D’Amico cantava le sue disillusioni di trentenne dicendo "la mia generazione non ha futuro / ma ha ancora voglia di ballare / per questo sposta i mobili contro il muro" e pure ora che ha superato i quaranta rilancia sul ruolo liberatorio della pista con quella "Dove si balla" con cui la settimana prossima debutta Sanremo con un perentorio "fottitene e balla tra i rottami per restare a galla…". Sono passati quindici anni dal primo album "Musica senza musicisti" anche se la storia di Jacopo D’Amico, come si chiama giù dal palco, è iniziata a fine anni Novanta assieme ai futuri Club Dogo Gue Pequeno e Jake La Furia nelle Sacre Scuole. Un anno fa Dargen, classe 1980, ha cofirmato con Mahmood e altri quella "Chiamami per nome" portata sulla piazza d’onore di Sanremo da Fedez e Francesca Michielin. Quest’anno ci prova in prima persona. 

Perché Sanremo? "Mi sono convinto solo nell’ultima settimana disponibile per avanzare la candidatura, spronato dai coautori del pezzo Edwyn Roberts, Andrea Bonomo e Gianluigi Fazio che già durante le registrazioni erano i soli a vedermi su quel palco". 

Alla fine, ha ceduto. "Ho pensato che sarebbe stato da maleducati continuare a dire di no. Roberts ha vinto il Festival due anni con quella "Fai rumore" scritta assieme a Diodato e, se lo dice lui, chi sono io per oppormi? Fra l’altro è di origini argentine e non accetta candidamente i no, quindi, piuttosto che ritrovarmelo sotto casa…".

Qual è il messaggio della canzone? "Credo faccia parte della storia dell’umanità ricostruire sulle macerie dell’epoca precedente. In questo nostro Paese vedo tante macerie e mi piacerebbe che spuntasse qualcuno intenzionato a lavorare sulle idee. Siamo tra i popoli meno sensibili, ad esempio, ai temi posti dal cambiamento climatico perché troppo abituati a guardarci indietro invece che avanti". 

Da milanese trova che questa città sia più o meno sensibile al tema? "Milano è una città molto pragmatica, che ha aperto prima delle altre i suoi confini e che è quindi più portata a guardare negli occhi il futuro". 

Quali brani in gara quest’anno la incuriosiscono di più? "Un po’ tutti. Voglio sfruttare la settimana di Festival per capire esattamente dove mi trovo. Il tentativo portato avanti negli ultimi anni da Sanremo è stato quello di allinearsi allo stato reale della musica italiana. Operazione sicuramente riuscita almeno tra gli addetti ai lavori, oggi molto più propensi di un tempo a proporre su quel palco cose nuove". 

La sera del venerdì canterà “La bambola” di Patty Pravo. Da solo? "Al momento, sì. Non so, però, se nel corso della settimana ci saranno delle novità. Diciamo che la mia è una rilettura; ho preso, infatti, il tema dell’amore distorto raccontato da quel pezzo del ’68 e, intervenendo suo testo, l’ho aggiornato al 2022. Sempre nel rispetto dell’originale, naturalmente". 

Con chi sarebbe bello condividere un successo del genere? "Entrando nel campo dell’impossibile, direi uno come Jamiroquai". 

Pensa che la gara, alla fine, si farà sentire? "Non credo. Sono convinto, infatti, che per tutti noi in gara quest’anno la vera ansia sia innanzitutto quella di sfuggire alla minaccia del Covid".  

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro