Antonello Venditti: "Io, nato sotto il segno dei pesci"

Il cantautore e il legame con le varie generazioni in quasi 40 anni

Antonello Venditti nella redazione de il Giorno

Antonello Venditti nella redazione de il Giorno

Milano, 24 gennaio 2019 - Ti ricordi quella strada... I quarant’anni, quasi quarantuno, di “Sotto il segno dei pesci” hanno portato ieri Antonello Venditti alla redazione del Giorno per addentrarsi in diretta Facebook tra i come e i perché del suo disco forse più importante e del tour che lo deposita il 29 marzo al Forum di Assago. Dei 18 album incisi finora (19 con quel “Theorius campus” dato alle stampe nel ‘72 assieme a Francesco De Gregori) “Sotto il segno dei pesci” rimane probabilmente il più amato e rispettato; quello della consacrazione definitiva, capace di superare nelle classifiche di fine anno tanto il De André di “Rimini” che il Guccini di “Amerigo”, il Baglioni di “E tu come stai” e perfino il Battisti di “Una donna per amico”.

Venditti, qual è il segreto di questo lavoro, ripubblicato per l’occasione in versione speciale, rimasterizzata e arricchita?

«Oggi si fanno concerti in cui tutto è tecnologico, sincronizzato, ma quando arriva ‘Sotto il segno dei pesci’ sul palco avviene qualcosa; compare un suono che nessuno pratica più, prendono il sopravvento strumenti desueti come il violino elettrico, il mandolino, o la chitarra a 12 corde, e in me accade qualcosa perché mi trovo a ripercorrere il passato con le persone con cui suonai quel disco. Avviene, quindi, un fatto magico; un collegamento sul filo della memoria tra quello che ero, quello che sono, e quel che sarò».

Il concerto cambia direzione?

«Per le 8 canzoni di ‘Sotto il segno dei pesci’ lo spettacolo e rimane sospeso, come se il tempo si riavvolgesse. Poi tutto riprende come prima, ma con la consapevolezza di aver vissuto un momento straordinario».

A Verona e a Roma, lo scorso autunno, con lei ci sono stati pure Ermal Meta e Francesco De Gregori. Per la data di Milano ha diramato qualche invito?

«No, ma non chiudo i cancelli, perché questo palco invoglia. E la partecipazione del pubblico è totale. La relazione tra generazioni diverse, poi, è fantastica. Riascoltare ‘Sara’, ‘Sotto il segno dei pesci’, ‘Chen il cinese’, ‘Giulia’, ritrovi tante cose dell’oggi. Basta pensare a ‘Il telegiornale’, che incisi quando esistevano solo Tg1 e Tg2 cantando già del Tg3, Tg4 o Tg5. Immaginavo già che l’informazione sarebbe stata lo spettacolo degli anni a venire».

C’è un pezzo a cui è legato in maniera particolare?

«Non una, ma almeno tre. Il primo è ‘Francesco’, una vera canzone sull’amicizia che per me poter cantare davanti a lui (De Gregori - ndr) è stata un’emozione; come se un innamorato, riscrivendo una vecchia lettera d’amore, avesse davanti l’innamorata. L’altra è ‘Chen il cinese’ che mi riporta alle ballate in bilico tra folk italiano, francese e americano che piacevano a De André, anche se con innesti progressive di Claudio Simonetti capaci di proiettarle vrso il futuro. E poi c’è ‘Giulia’, una delle più belle canzoni che abbia mai scritto; una delle prime su omosessualità femminile e femminismo».

A che punto stanno i lavori del nuovo album?

«Sto lavorando, ma non ho scadenze. Per analizzare una società veloce come quella odierna c’è bisogno, paradossalmente, di tempo. Fare una foto in corsa sperando che non venga mossa sarebbe sbagliato. La cosa più importante è trovare cose che possano unire; a cominciare dal linguaggio».

Andrebbe a festeggiare quarantennale e tournée in quel di Sanremo? In un post dell’anno scorso parlava di “sottilissimo confine culturale e storico” che la spinge ogni anno a dire no.

«Ho partecipato solo una volta, nel 2000 come super ospite con Jovanotti e Bono per sostenere l’iniziativa Cancella il Debito. Negli ultimi anni ho detto sempre di no, ma stavolta magari un pensierino lo faccio. Se l’altra volta avevo una ragione forte, l’avrei pure questa; regalare con ‘Sotto il segno dei pesci’ al pubblico un pezzo importante della mia storia. D’altronde credo nei miracoli e quindi pure nei cambiamenti radical».

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