Tino Adamo da Baggio: "Il bar degli zanza, teatro della commedia umana"

Illustratore per Bonelli, nei mitici anni Ottanta ha servito caffè e whisky nel quartiere e ora lo racconta nel suo romanzo

Tino Adamo

Tino Adamo

Milano, 3 gennaio 2021 - "Vieni a Baggio se hai coraggio...così recita un adagio molto popolare dalla mie parti. Beh, Baggio è il mio quartiere, sono orgoglioso di vivere in questa meravigliosa e in passato tremenda periferia milanese che amo e di cui sono figlio".

Tino Adamo è illustratore e sceneggiatore di fumetti alla Sergio Bonelli Editore, coautore del format Bonelli Kids e del Bestiario umoristico. Prima di vivere della sua passione ha lavorato come barista per un decennio, manco a dirlo, a Baggio, dove, "in quello che nella zona è conosciuto come il bar degli zanza....", ha visto sfilare una fauna eterogenea di giocatori d’azzardo, simpatici furfanti e anziani dediti all’alcool che alla fine aveva talmente tanto materiale da scriverci il suo primo romanzo, appunto 'Il Bar degli zanza', edizioni Unicopli.

Nel quartiere non si parla d’altro. Lei è anche la voce narrante, il libro è ambientato negli anni Ottanta. Qual è il bar dove ha lavorato? "Non lo dirò mai, nemmeno sotto tortura... il mio vuole essere un omaggio ai bar di periferia che ancora oggi sono un luogo importante di aggregazione per le classi popolari. Mi basta sapere che chi l’ha letto è orgoglioso, sa da queste parte ci si sente in prima battuta baggese e poi milanese. Anzi, a dirla tutta, qua siamo inclini a pensare che Milano sia la periferia di Baggio e non viceversa. Nato come borgo oltre cinquecento anni orsono e annesso alla città meneghina per Regio Decreto nel 1923 è rimasto un mondo a parte". Non esageriamo. Come si vive? "Bene. Negli ultimi anni a Baggio sono fiorite tante associazioni che cercano di mantenere saldi i legami, una forte identità culturale. Purtroppo, in generale, Milano non è amata da chi la abita. Una città abituata a guardare al futuro (che è un bene),che ha perso le sue radici che stanno nei quartieri, i veri terminali nervosi della città. Dal punto di vista della criminalità tutto è peggiorato. Negli anni Ottanta anche la malavita era più umana. Oggi c’è una delinquenza più cattiva, in un continuo scontro di etnie. La Mala milanese del 900 ha una vera e propria storia che affonda le radici in un milieu culturale che dal periodo fra le due Guerre arriva fino agli anni Ottanta. Si incrocia con luoghi e codici di comportamento, costumi che hanno ispirato canzoni popolari". Nel libro c’è una carrellata di personaggi, da Gamb de Legn a Lupo, lo Zio, Mustafà, il marocchino. Sono reali? "Le vicende sono romanzate ma i personaggi...guardatevi intorno, i bar di periferia sono ancora un ricettacolo di gente singolare, un accrocchio di esistenze dai toni tragicomici. Dove però l’umanità salva tutto". A chi è più affezionato? "A Lupo, i frequentatori di bar lo conoscono bene. Un tenero perdente, abbandonato dalla madre, sconfitto dalla vita, ha tentato di fare il ladruncolo senza riuscire nemmeno in quell’impresa".

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