“Tornare al Blue Note è come aggiornare tutta una serie di amici di quel che sono e quel che faccio al momento”, racconta Simona Molinari, in scena sul palco di via Borsieri il 4 e 5 ottobre per quattro spettacoli affiancata da Claudio Filippini al pianoforte, Egidio Marchitelli alle chitarre, Nicola Di Camillo al basso elettrico e Fabio Colella alla batteria. “Qualcosa di molto simile al riunire tutti nel salotto di casa per raccontargli com’è andata a finire”. Già perché di novità la “voce” partenopea cresciuta a L’Aquila e trapiantata a Milano ne ha diverse.
Il percorso di questi quattro show è ad itinerario fisso o variabile?
“Abbastanza fisso. L’elemento di novità sarà rappresentato di volta in volta dall’ospite, diverso per ogni set in modo da offrire quante più sfumature possibile a quello che considero un viaggio attraverso i tempi densi della vita”.
E quali sono stati i tempi densi della sua vita?
“Sicuramente quelli dei sogni, dell’innamoramento, della passione, ma anche del disincanto e degli addii. Ogni canzone del mio repertorio ne racconta uno”.
Il brano per eccellenza della passione?
“S’intitola ‘Peccato originale’ perché racconta un amplesso, frutto finale della passione”.
Quello per eccellenza del disincanto?
“Probabilmente ‘La verità’, perché indaga sulla sofferenza interiore di quando uno smette di credere e sente staccarsi un pezzetto di bellezza. Ecco perché nel finale c’è la simulazione di un’anima che piange”.
Venerdì prossimo ospita Alessandra Tumolillo nel primo set e Greta Zuccoli nel secondo, mentre sabato rispettivamente Anna Castiglia ed Emma Morton.
“Ho scelto quattro interpreti-musiciste, la rappresentazione e l’evoluzione di quel che significa per me essere oggi un artista. Ragazze che scrivono, producono, suonano, mettendo sempre al centro la musica. Alessandra, ad esempio, è una chitarrista fenomenale, che suona come un uomo, un modello femminile impensabile solo dieci anni fa. Di Greta, invece adoro la scrittura, il timbro vocale e la sensibilità artistica. Anna mi colpisce per la sua ecletticità, per il tipo di scrittura, per il punto di vista inedito, per il diventare a suo modo ‘gaberiana’ ogni volta che sale sul palco. Di Emma, infine, mi piace l’istinto, la passione, la carnalità di tutto quel che canta”.
A proposito di Gaber, la formula narrativa scelta per il suo ultimo progetto teatrale “El Pelusa y La Negra” è stata proprio quella del teatro-canzone. Quanto l’ha segnata?
“S’è rivelata un’esperienza fondamentale della mia vita. Grazie allo spettacolo imperniato sulle figure di Diego Armando Maradona e Mercedes Sosa, infatti, ho avuto la possibilità di avvicinare mondi dell’arte e della cultura che non conoscevo, ma anche associazioni e persone che si mettono in gioco ogni giorno per il bene comune e quindi perfettamente in linea con la mia visione della vita e del mondo. La Sosa ha cambiato un po’ il mio modo di fare musica, trasformando canzone e canto non nel fine, ma nel mezzo”.
Il tributo discografico alla Sosa “Hasta siempre Mercedes” le ha fruttato pure quella Targa Tenco riservata al miglior album d’interprete che riceve il 17 ottobre a Sanremo.
“Non me l’aspettavo. ‘Hasta siempre Mercedes’ è un progetto che ho voluto fortemente, mettendomi in gioco tantissimo e lottando addirittura col mio entourage per realizzarlo. Quindi, la vittoria ha rappresentato una gratificazione enorme. Fra l’altro ho scoperto che sono passati giusto 25 anni da quando Mercedes Sosa ha ricevuto il Premio Tenco come operatrice culturale e vedo la coincidenza come un link”.
Cosa farà sul palco del Tenco?
“Proporrò un estratto di ‘Hasta siempre Mercedes’ portando all’Ariston pure Cosimo Damiano Damato, mio ‘complice’ in questa avventura un po’ folle. Ripetendo in ogni intervista che la Sosa mi ha folgorata ‘sulla via di Damato’ non potevo certo andare da sola”.
Le piacerebbe tornare su quel palco fra qualche mese?
“Il Festival è un po’ un terno al lotto. Da parte qualche brano l’avrei, ma a Conti non ho ancora fatto ascoltare nulla. Penso proprio che un paio gliene manderò e poi andrà come deve andare”.
Fra i diversi riconoscimenti messi in bacheca quest’anno c’è stato pure il Callas Tribute Prize.
“In me convivono diverse anime: quella della interprete, quella della cantautrice e quella della musicista tout court. Ognuna in cerca della propria gratificazione. Il premio intitolato alla Divina che ho ricevuto in marzo a New York ha indubbiamente gratificato l’interprete. Anche se poi ho preso altre strade, infatti, i miei studi sono partiti dalla lirica. Sempre col pensiero alla Callas, mi piacerebbe trovare il modo di rendere pop alcune arie d’opera che hanno contribuito a renderla la celebrità che tutti sanno e, magari, di raccontare a teatro la sua storia così come ho già fatto con Ella Fitzgerald e Mercedes Sosa”.