Pfm e Cristiano De André, figli della stessa storia

Insieme all’Arena di Verona a quarant’anni dal tour con Fabrizio. Fra aneddoti, ricordi e nostalgia

Pfm e Cristiano De André

Pfm e Cristiano De André

Milano, 19 giugno 2019 - È un ricordo che vira sulla tenerezza quello che tratteggia Franz Di Cioccio riavvolgendo la pellicola per ricordare Cristiano De André, con la sua invadente curiosità di ragazzo, aggirarsi sul palco condiviso quarant’anni fa dalla Pfm col padre Fabrizio in quella che resta una delle tournée-simbolo della canzone italiana. Due album dal vivo, rieditati in vario modo nei decenni, costituiscono tutto il patrimonio documentale di ciò che fu. Ed è col cuore a quelle canzoni e quegli arrangiamenti che il 29 luglio la Premiata trova Cristiano nella cornice dell’Arena di Verona. Se la band milanese continua ad omaggiare il genetliaco della collaborazione con Faber portando nei teatri “Pfm canta De André - Anniversary”, Cristiano prosegue nel nome del padre il tour imperniato su uno dei suoi album più emblematici, “Storia di un impiegato”. E tenuto conto che, come spiegato ieri dallo stesso De André jr lui “una manciata di cromosomi” di Fabrizio ce l’ha pure nella voce, l’incontro pare di quelli destinati a lasciare il segno. “Sul palco saremo in dieci perché ci saranno altri due protagonisti straordinari di quei concerti, Flavio Premoli e Lucio Fabbri, e un collaboratore storico di Fabrizio, il chitarrista Michele Ascolese”, spiega Di Cioccio che assieme all’altra colonna del gruppo Patrick Djivas ha voluto i tre pure nel tour celebrativo messo in strada un mese e mezzo fa.

Come organizzerete la serata?

De André: «La divideremo in tre parti. Nella prima eseguirò ‘Storia di un impiegato”, poi mi darò il cambio con la Pfm con un set imperniato per buona parte su “La buona novella” per poi regalarci un finale, molto lungo, assieme».

Un incontro inevitabile, insomma.

Di Cioccio: «Era scritto che avvenisse. In fondo, noi e Cristiano siamo figli della stessa storia. Non saremo suo padre, ma i suoi zii sì».

Perché?

Djivas: «Perché la canzone è la poetica di Fabrizio sono come una di quelle autostrade americane che tutti possono percorrere a qualsiasi età e in qualsiasi condizione. I suoi pezzi sono talmente alti che non puoi spostare una parola senza correre il rischio di far cadere tutto l’impianto. Così pensammo di accompagnarli con arrangiamenti in cui non potevi cambiare una nota senza incappare nelle stesse conseguenze».

Sul palco violino grande protagonista.

Fabbri: «Festeggia 40 anni pure la passione di Cristiano per il violino è stato proprio in quell’occasione che si innamorò del mio strumento. E, alla fine, l’allievo ha superato il maestro».

De André: «L’idea di iscrivermi al conservatorio nacque dal veder Lucio in scena, dal desiderio di suonare “Zirichiltaggia” come lui».

Cristiano sa che fra gli ammiratori di suo padre c’è pure il vicepremier Salvini?

De André: «Sì, ma lui nell’ascolto s’è fermato a “Il pescatore”. E senza accorgersi che parla di Gesù Cristo. Forse non ha assimilato il testo ed è rimasto al ’la la la la la la la».

 

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