Katia Ricciarelli: i miei anni a Milano, città straordinaria

Fra carriera, ricordi e amori. "In questi giorni faccio il giro del giardino e mi chiedo: dov’è il nemico?"

Katia Ricciarelli

Katia Ricciarelli

Milano, 31 marzo 2020 - «Sono in casa dal 14 febbraio, mi sveglio alle sei, esco con il mio cagnolino, Ciuffi, fedele compagno, faccio il giro del giardino e poi rientro», racconta Katia Ricciarelli. «La cosa brutta è che non sai cosa c’è fuori dalla tua porta. Mi chiedo: dov’è il mio nemico?». Generosa, spontanea, il celebre soprano e attrice si rivela con sincerità. «Nella prossima stagione dell’Arena di Verona riprenderò a cantare, sarò Mamma Lucia nella “Cavalleria Rusticana” di Mascagni. Ora resto a casa pazientemente, come tutti voi».

Come trascorre la giornata?

«Ogni mattina guardo le notizie molto presto, mi riposo, leggo, ascolto tanta musica, faccio qualche telefonata e recentemente ho ripreso a studiare al pianoforte. Cucino, coccolo Ciuffi, come il presidente Sergio Mattarella non vado da mesi dal parrucchiere. Ho dovuto annullare importanti impegni di lavoro, questo sta succedendo a tanti lavoratori, a tutti gli artisti della musica e dello spettacolo; molti eventi culturali vanno via streaming ma è importante, oggi più che mai sapere che nonostante la pandemia la cultura e l’arte non si fermano, sono la forza del nostro Paese. Quando tutto sarà finito noi saremo pronti». 

A chi va il suo pensiero? 

«Principalmente a mia sorella, l’unica che è rimasta, ha ottant’anni, non sta bene, il marito non riesce più ad accudirla da solo, non sappiamo cosa fare e non posso raggiungerli, vederla»

La sua voce ha sedotto grandi direttori d’orchestra. Quali hanno maggiormente inciso nella carriera?

«In ordine di conoscenza: Claudio Abbado, Riccardo Muti, Herbert von Karajan e Carlos Kleiber, miti immensi. Gli occhi azzurri di Karajan erano magnetici, aveva una potenza, una forza unica. Kleiber possedeva lo spirito di un bambino, sembrava vivesse tre metri dal suolo, e un modo di dirigere che ti toglieva il cuore, si sentivano tutti gli effetti scritti nella partitura da Verdi, Puccini e altri compositori. Di Abbado conservo solo bellissimi ricordi, abbiamo lavorato insieme tante volte, il suo gesto era straordinario, faceva capire tutto; era pignolo, esigente non potevi tenere una nota più lunga. Muti aveva il suo caratterino con il passare del tempo è diventato più malleabile, ironico».

Quali fra i ruoli interpretati ritiene più significativi?

«Tantissimi. Desdemona, protagonista con Domingo, nel ruolo di “Otello” del film di Zeffirelli. Pensi sono stata l’ultima Desdemona in scena con Mario Del Monaco e la prima con Placido, incisa poi con Lorin Mazeel. Le registrazione con von Karjan: Principessa in “Turandot” e “Tosca». 

E fra i suoi partner?

«I tre “tenors”, Domingo, Pavarotti e Carreras e il magnifico Alfredo Kraus; ognuno di loro aveva un repertorio particolare. Colleghi eccellenti, capaci di aiutarti nel rispetto del ruolo senza mai prevalere sul tuo canto. Luciano era divertente, simpatico, Domingo professionale. José Carreras, nonostante fossimo fidanzati, in scena pensava solo al lavoro, ma è giusto che sia così». 

Per anni ha vissuto a Milano. Come l’ha vista cambiare?

«L’ho conosciuta agli inizi degli anni Sessanta, dopo aver vinto il concorso Aslico, nel 1969 ho debuttato nel ruolo di Mimì in “Bohème” a Mantova. È una città straordinaria, tutti dovrebbero prenderne ispirazione, è sempre stata d’avanguardia, oggi lo è più che mai, le nuove architetture l’hanno resa affascinante. Mi piace anche la gente che popola Milano attiva, ama lavorare si fanno i fatti propri, questa è una gran virtù». 

Quando nasce il suo amore per gli animali? 

«Bambina, rientravo da scuola trovavo un cucciolo e lo portavo a casa. Mia madre si lamentava, la casa era piccola, io cercavo di addolcirla e alla fine accettava il cagnolino. Sembra un luogo comune ma è proprio vero che l’amore che ricevi dagli animali è così intenso che supero quello degli uomini». 

Quanto crede di aver amato?

«Moltissimo ma sono anche stata ricambiata dagli uomini della mia vita, tredici anni con Carreras, diciotto con Pippo Baudo, sono una donna da lunghe relazioni. Ho sempre messo avanti a tutto la carriera, lo dovevo a mia madre, ha cresciuto da sola tre figlie, si è sacrificata per fami studiare, non volevo fare pazzie, sposarmi a vent’anni. Ho lavorato, lavorato e lavoro tuttora con serietà e impegno».   

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