Il tenore Alberto Urso: "Dopo Amici ho un sogno, cantare alla Scala"

Il 4 ottobre sarà al Teatro degli Arcimboldi di Milano

Alberto Urso (Foto Instagram)

Alberto Urso (Foto Instagram)

Milano, 27 giugno 2019 - La fortuna non esiste. Esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità. E per Alberto Urso quel momento è arrivato con la consacrazione ad “Amici”. «Anche se noi eravamo all’oscuro di tutto quel che accadeva fuori dallo studio e io non me lo sarei mai aspettato di vincere», ammette il tenore siciliano ben sapendo, però, che anche per un ventunenne come lui la vita reale è altra cosa rispetto alla scuola di Maria. Alberto s’è laureato in Canto Lirico al Conservatorio di Matera, «ma ho studiato pianoforte jazz a Messina, più cinque anni di sax e cinque di batteria». Per dire il tipo, ha un tatuaggio che raffigura lo spartito di “O Sole Mio” ed Euterpe, musa della musica. Prodotto e arrangiato da Celso Valli e Pino Perris, l’album “Solo” è già oltre il disco d’oro grazie a undici tracce (nove inediti e due cover, tra cui il duetto di “Guarda che luna” con Arisa) che dopo l’estate Urso presenterà dal vivo col supporto di un’intera orchestra; il 29 settembre sarà, infatti, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, mentre il 4 ottobre agli Arcimboldi. «Amo il crossover, ma non trascuro la lirica, perché è quella che mi ha formato e quella che tutt’ora mi dà le basi e la forza di fare questo mestiere», dice. «Il sogno? Cantare in un teatro importante come La Scala». 

Qual è l’opera che canterebbe domani? «Probabilmente “L’elisir d’amore”, perché il ruolo di Nemorino si sposa bene con le mie caratteristiche di tenore leggero. Sono ancora troppo giovane, infatti, per avere una voce lirica formata». 

Che strada le piacerebbe percorrere? «Sono cresciuto ascoltando Pavarotti, Domingo e Bocelli, ma pure Il Volo. Ho provato a rubare a tutti qualcosa. Sono convinto che se una persona insegue le proprie passioni con convinzione alla fine ce la fa». 

Sicuro? «Sono 12 anni che studio, che provo a ricavarmi un mio spazio. Ho fatto tanti concorsi senza successo, ma non mi sono arreso, sostenuto pure da una famiglia che crede tantissimo in quel che faccio. Alla fine è arrivato pure il mio momento». 

L’opera è un genere tutt’altro che facile, basta pensare alle parabole di interpreti come Alessandro Safina, Piero Mazzocchetti o Luca Canonici. «Nella buona e nella cattiva sorte, rimarrò sempre musicista. L’importante è avere i piedi ben piantati a terra; quando in trasmissione un gigante dei palcoscenici come Vittorio Grigolo mi ha detto che gli sono arrivato dritto al cuore, non riuscivo a crederci». 

All’età di 13 anni ha duettato “Tu che m’hai preso il cuor” con Gianni Morandi davanti alle telecamere del “Ti lascio una canzone” di Antonella Clerici. Oggi con chi le piacerebbe confrontarsi? «Ascolto tantissimo Ultimo, Cesare Cremonini, i Modà, Giordana Angi e, naturalmente, il mito Bocelli, quindi sarebbe bello fare qualcosa con loro, così come sarebbe un sogno cantare con Elton John, Céline Dion, Sara Brightman». 

Si sente, per caso, un giovane vecchio? «No, solo un giovane che ha la fortuna di fare un genere capace di abbracciare un’ampia fascia di pubblico». 

Le sarebbe piaciuto essere al posto di Matteo Bocelli per duettare “Fall on me” col padre? «Tantissimo. Lui è un’icona assoluta, un esempio per tutti quelli che fanno questo mestiere». 

Dispiaciuto di non avere ancora una voce su Wikipedia. «Ma no, ogni cosa a suo tempo. Nella costruzione di una carriera bisogna avere, infatti, pazienza e coltivare le cose passo dopo passo. In fondo, comincio ora». 

 

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