Visite vietate o dietro il vetro: le strategie anti-focolaio delle Rsa

Dal Trivulzio alla Famagosta: le scelte in mancanza di linee guida. I parenti: "Hanno bisogno di vederci"

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di Marianna Vazzana

Il Pio Albergo Trivulzio ha sospeso le visite ai pazienti da parte di familiari già dallo scorso sabato. In altre Rsa, i contatti sono ancora consentiti seppure a distanza e con tutte le precauzioni del caso: ci si saluta da lontano, con la mascherina, il camice, i guanti e mille altri accorgimenti, dove possibile all’aperto oppure attraverso un vetro o un pannello di plexiglass. Così è. Perché crescono i contagi e si cerca di ridurre al minimo i rischi. Ogni struttura è a sé, ognuna organizza il suo piano organizzativo-gestionale non essendoci linee guida univoche. "In Lombardia ci sono 700 realtà e ognuna prenderà i suoi provvedimenti autonomamente. Non ci sono situazioni di focolai. Se il livello di infezione potenziale è alto, le visite possono essere ridotte o sospese: questo tutela gli anziani ospiti. Una scelta delle direzioni sanitarie e dei referenti Covid, che può essere dettata anche dal fatto che dalla Regione non sia stata ancora data disposizione su tamponi da effettuare agli ospiti e su tamponi e test sierologici per gli operatori", spiega Luca Degani, presidente Uneba (Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale) Lombardia, la quale rappresenta fondazioni ed enti no profit di ispirazione cattolica che gestiscono Case di riposo o per disabili, strutture per minori e adulti in difficoltà.

Lo stop alle visite è già realtà al Pio Albergo Trivulzio, una precauzione, spiegano dagli uffici, constatando il peggioramento della curva epidemiologica a livello nazionale e sottolineando che non ci sono focolai interni. "Io ho visto mia madre, che ha 85 anni, all’inizio del mese. L’appuntamento successivo è stato programmato per giovedì (domani, ndr) ma anche se non ho ancora avuto comunicazione formale ho saputo che le visite sono sospese", fa sapere una donna la cui madre è ricoverata nel reparto di lunga degenza. "Ha problemi fisici e cognitivi, mi auguro che non le pesi la mia mancanza. In estate, quando ci siamo riviste dopo i mesi di lockdown, ha fatto fatica a riconoscermi all’inizio. Mi sono dovuta abbassare la mascherina per un secondo e a quel punto ha capito di avere davanti me. Finché il tempo lo consentiva ci vedevamo su un terrazzo, nelle ultime settimane utilizzavamo una saletta". All’Rsa Palazzolo della Fondazione Don Gnocchi "ho visto mio padre sabato, per circa mezz’ora. Ognuno ha il suo slot ogni due o tre settimane: il paziente viene portato in una sala con tavolini che hanno un divisorio in plexiglass, e ovviamente abbiamo tutti i dispositivi di protezione. Di restrizioni non si è ancora parlato", racconta un’altra donna. Molte direzioni stanno valutando il da farsi, come quella che gestisce le Rsa di Corvetto Casa per Coniugi di via Dei Cinquecento e Virgilio Ferrari di via Dei Panigarola: "Da noi - rispondono dalla cooperativa Proges - i parenti si vedono attraverso un vetro, in giardino". Visite diverse sono consentite solo per casi particolari, su decisione della decisione sanitaria. Dietro un vetro e a distanza pure nella Rsa Baroni, al Gratosoglio, gestita da Coopselios. "Dobbiamo augurarci che le cose non vadano peggio", conclude Mila Verde la cui madre è ospite nella Rsa Famagosta di via Di Rudinì. "È demoralizzata. I mesi trascorsi in solitudine non le hanno fatto bene, ha bisogno di vedermi".

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