Un freno ai cellulari in classe Patti digitali firmati dai genitori ed esperimenti sociali al liceo

Così le scuole si attrezzano mentre a Milano scatta una maxi indagine per creare linee guida. Progetti dalla Pizzigoni all’istituto Olmi. E gli studenti del Carducci spengono per un giorno

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di Simona Ballatore

Smarphone a scuola: dopo l’ultima circolare inviata dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, si riapre il dibattito anche nelle scuole milanesi e in una città che ha già aperto i “cantieri” per la creazione di paletti e regole condivise. "Stop ai cellulari in classe": il titolo del comunicato che accompagna la circolare e le conclusioni di una "indagine conoscitiva sull’impatto del digitale sugli studenti". Ma, sostanzialmente, "il dato interessante è che non cambia nulla", sottolinea Marco Gui, sociologo dei media e direttore del centro di ricerca “Benessere digitale“ dell’università di Milano-Bicocca. Il tema, infatti, è stato snocciolato in tre momenti: la circolare del ministro Giuseppe Fioroni del 2007, il decalogo del 2017 sull’uso dello smartphone e l’ultima circolare di dicembre. "Divieto di utilizzo di telefoni cellulari durante le lezioni", ma "è consentito l’utilizzo di tali dispositivi in classe, quali strumenti compensativi di cui alla normativa vigente, nonché, in conformità al Regolamento d’istituto, con il consenso del docente, per finalità inclusive, didattiche e formative, anche nel quadro del Piano Nazionale Scuola Digitale e degli obiettivi della “cittadinanza digitale”". "Quello che cambia non è la norma, la circolare racchiude una raccomandazione condivisibile, ma il messaggio: ottimistico nel 2017, pessimistico oggi - spiega Gui -. In questo caso c’è poi il passo falso dell’allegato, molto ’apocalittico’. Su questo tema non serve ideologia, servono indicazioni chiare che partano dalla letteratura scientifica, che c’è, sia a livello nazionale che internazionale".

Un report del centro di ricerca Benessere digitale mostra per esempio come - anche a parità di istruzione della famiglia - la performance scolastica dei ragazzini che ricevono il telefonino a 9 anni o meno è inferiore rispetto a chi lo riceve dai 12 anni in su ed è confermato da studi internazionali. Altro dato: lo smartphone arriva prima tra le famiglie con minore istruzione, chi è più istruito è diventato più cauto. "Quello che manca anche nell’ultima nota è il riferimento all’età (e l’utilizzo a 10 anni è diverso da 16) come pure indicazioni sull’intervallo e sugli spazi di socialità della scuola", ricorda Gui. Per quanto riguarda l’età, un’altra ricerca svolta da alcuni ricercatori della Bicocca con i pediatri ha mostrato che rispetto al precovid si anticipa l’arrivo del primo smartphone: ne ha uno il 58,4% dei bambini dai 6 ai 10 anni e il 24,5% degli under 6. "Qual è il ruolo della scuola in questo processo? Credo sia questo il tema urgente da svolgere adesso", sottolinea Gui.

In questo “vuoto“ ci sono gruppi di genitori a far da pungolo. Perché spesso sono anche le famiglie a porsi il problema davanti alla richiesta di ricerche da svolgere online a casa alle medie. Due le iniziative milanesi in cantiere. La prima "dal basso", è quella del patto digitale “Aspettando lo smartphone“, promosso da genitori che hanno stabilito linee guida e coinvolto quattro istituti comprensivi: Rinnovata Pizzigoni, Olmi, Cavalieri e Moisè Loria. "Sono una decina i gruppi stabili che hanno già adottato il loro patto digitale, una quindicina quelli in costruzione", spiega il sociologo dell’università di Milano-Bicocca. Il secondo progetto è stato avviato durante la Digital Week e poggia sul Pnrr: c’è un tavolo di lavoro che riunisce esperti, pediatri, pedagogisti, Corecom, ufficio scolastico, Comune e altri enti. "Tra gennaio e febbraio si terranno focus group in alcune scuole e ci sarà una survey online per arrivare per la prima volta a stilare raccomandazioni condivise", annuncia Gui. Mentre anche alle superiori ci si interroga sull’uso massiccio dello smartphone a scuola e a casa, coinvolgendo gli studenti con esperimenti sociali. Succede al liceo classico Carducci con una prima giornata completamente senza cellulare per la prima E. Gli studenti hanno poi dovuto annotare sensazioni e riflessioni. "L’esperimento è stato percepito positivamente e senza “traumi” da pressoché tutti gli studenti, alcuni dei quali hanno sviluppato buoni spunti di auto-analisi e hanno manifestato l’intenzione di fare altre prove di questo tipo, magari più lunghe - spiega una docente -. Ho subito colto la palla al balzo e ho proposto loro una “fase 2” dell’esperimento a difficoltà incrementata: trascorrere cinque ore senza cellulare a casa". Nelle vacanze natalizie nuovo esperimento sociale e resoconto.

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