Truffa milionaria sul reddito di cittadinanza, 5 arresti in Lombardia

Uno di loro è funzionario del Caf. L’inchiesta partita dai soldi esibiti come trofeo sui social da una donna coinvolta

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Cinque nuovi arresti per la maxi-truffa milionaria sul reddito di cittadinanza. Ieri gli uomini della Guardia di Finanza di Cremona e Novara hanno accompagnato in carcere tre cittadini egiziani e due romeni. Uno di loro è funzionario presso un Caf. Sono gli ultimi sviluppi dell’indagine della Procura di Milano per la quale lo scorso novembre 16 persone in gran parte originarie della Romania (e a marzo altre 6) erano già finite in cella. In questa tranche i profitti ingiusti ai danni del bilancio nazionale e intascati illecitamente fino all’anno scorso sarebbero tra i 600 e i 700 mila euro.

Il meccanismo, che è quello già scoperto mesi fa, si basa su domande per ottenere il reddito di cittadinanza ed emergenza "falsificate". Cittadini romeni regolarmente iscritti all’anagrafe di Cremona avevano inoltrato l’istanza a favore di connazionali “fantasma“ per ottenere il Reddito di cittadinanza all’Inps di Milano dichiarando falsamente di risiedere nel capoluogo. E questo perché, nel frattempo, altri soggetti dello stesso nucleo familiare avevano già ottenuto il sussidio dall’ente pensionistico di Cremona. I capi della banda procuravano i documenti e i nominativi di propri connazionali. A quel punto entravano in gioco, secondo i finanzieri, i titolari e i dipendenti di patronati compiacenti che compilavano la documentazione necessaria per presentare le domande. Poi, producendo certificati di attribuzione del codice fiscale e documenti d’identità contraffatti, donne e uomini del gruppo si recavano negli uffici postali e riscuotevano il sussidio. Un piano che aveva consentito ai truffatori di insinuarsi nelle pieghe di un articolato sistema burocratico, approfittando delle lacune esistenti e dei ritardi nei controlli.

Gli arresti dello scorso novembre, disposti dal gip Teresa De Pascale, si riferivano a un "business illecito" che avrebbe portato gli indagati ad intascare circa 20 milioni di euro che sarebbero potuti diventare anche 80 milioni, se il gioco fosse continuato. I soldi intascati illegalmente erano stati anche esibiti come trofeo da una delle donne coinvolte nella faccenda, poi finita in carcere, che aveva postato su TikTok almeno tre video in cui sventolava e contava pile di banconote.

La maxi-truffa ruotava, secondo l’accusa, attorno alla Nova Servizi, società con sede in centro a Milano e che operava in convenzione con il patronato Sias e con il Caf Mcl (Movimento cristiano lavoratori). Due mesi fa, in una seconda tranche delle indagini erano finite agli arresti altre sei persone, tra cui un’ex dipendente della Nova Servizi. Alla fine di aprile già 17 imputati hanno chiesto al gup Lidia Castellucci di patteggiare pene tra 1 anno e 10 mesi e 3 anni e 10 mesi

Mario Consani

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