Schiavi dello smartphone anche sotto i tre anni: a rischio 14 ragazzi su 100

Le comunità si riorganizzano: "Siamo nati con il boom dell’eroina, ora nuove sfide". All’abuso di sostanze si aggiungono problemi comportamentali esplosi durante la pandemia

Milano - ​La dipendenza da telefono cellulare può svilupparsi nei primi anni di vita, quando i bambini vengono lasciati soli davanti a uno schermo. E i problemi esplodono durante l’adolescenza, con un esercito di ragazzi schiavi di internet, persi in un “Paese dei balocchi“ fatto di social network, gioco d’azzardo online, siti hard, “challenge“ e piattaforme che mettono in vendita sostanze stupefacenti e farmaci.

Uno spaccato del fenomeno emerge dall’ultima relazione al Parlamento sulle tossicodipendenze, che dedica un ampio spazio alle nuove insidie, esplose durante la pandemia e i lockdown aggiungendosi al già esplorato universo dell’abuso di alcol e droghe. Shopping compulsivo, disturbi alimentari, gioco d’azzardo, ritiro sociale. E, in costante crescita, la dipendenza da smartphone e computer. Il 14% degli studenti manifesta un approccio a internet a rischio, con percentuali in crescita a partire dalle rilevazioni del 2011. I campanelli d’allarme sono "troppo tempo trascorso online", sbalzi di umore quando è impossibile connettersi, la perdita di ore di sonno. Il 22,9% degli studenti rimane collegato per oltre sei ore al giorno (il 26,6% fra le ragazze), il 20,4% fra due e sei ore. La stragrande maggioranza, l’88,6%, è online per almeno un’ora al giorno. Il 93% degli studenti si collega a internet per usare chat e social network, l’86% per fare ricerche o leggere quotidiani, l’80,8% per scaricare film o ascoltare musica, il 41,8% per giocare, il 37,2% per collegarsi a siti porno.

Un fenomeno strettamente connesso al ritiro sociale (il 28,7% dei dirigenti scolastici ha riferito che almeno uno studente è stato coinvolto nel fenomeno dell’isolamento sociale) e anche al consumo di sostanze illegali. Una tossicodipendenza “domestica“, in solitudine, e quindi più difficile da intercettare. Per questo realtà nate negli anni del boom dell’eroina, come la storica rete di comunità di recupero Dianova Italia, si stanno specializzando anche nella cura delle nuove dipendenze. Una tappa nel percorso è l’apertura a Milano, in via Pietro Calvi 29, del nuovo Centro Diametro, un servizio ambulatoriale gratuito dedicato alle persone con problemi di dipendenza, comportamentale o da sostanze, e alle loro famiglie. Gli operatori si preparano ad accogliere, per un primo incontro necessario per valutare il percorso più idoneo, anche persone vittime delle nuove schiavitù. "La dipendenze stanno cambiando - spiega Indira Pastoris, educatrice e responsabile del Centro Diametro – e su questo c’è ancora troppa poca consapevolezza.Il fenomeno che stiamo vivendo in questi anni è quello della polidipendenza, con più problemi che si intersecano. Ad esempio il consumo di cocaina e il gioco d’azzardo, la dipendenza da internet e lo shopping compulsivo online. Per questo è fondamentale che il primo approccio sia il più efficace e rapido possibile".

Basta poco per varcare il confine fra un uso problematico del telefono cellulare e una dipendenza. "È una questione di tempo trascorso davanti allo schermo ma anche di modalità di utilizzo", spiega Renato Pocaterra, direttore generale di Dianova. "Noi ci occupiamo di tossicodipendenza da quarant’anni – prosegue – e ora la sfida da affrontare è legata anche alle nuove dipendenze, visto che i numeri sono inquietanti. Si può sviluppare una dipendenza da telefono cellulare anche sotto i tre anni di vita, con danni enormi perché le sinapsi si appiattiscono e rischia di compromettersi lo sviluppo del cervello. Siamo ancora in tempo per cambiare rotta, l’Italia non è ancora ai livelli della Cina o di altri Paesi asiatici, dove i problemi legati all’uso di internet o al ritiro sociale sono esplosi. Noi ogni anno riceviamo circa duemila telefonate da tutta Italia – prosegue – e bisogna cercare di dare una risposta adeguata, con uno studio costante delle dinamiche in una società in continua evoluzione".

Per questo anche la formazione degli educatori è continua e, quando gli utenti sono giovanissimi, è fondamentale costruire un rapporto con le famiglie. "Un problema di dipendenza irrisolto si trascina anche quando una persona entra nel mondo del lavoro – sottolinea Pocaterra – e le aziende sono impreparate per affrontare questi casi. Con alcune stiamo collaborando, anche nell’ipotesi di inserire interventi di recupero nel pacchetto di welfare aziendale, garantendo ovviamente la massima riservatezza alle persone coinvolte".

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