Volontaria milanese rapita: "Rivogliamo Silvia, basta con i silenzi"

Manifestazione di attivisti di Amnesty e amici della volontaria rapita in Kenya ormai un anno fa. Le ultime tracce la danno in Somalia

Silvia Romano

Silvia Romano

Milano, 18 novembre 2019 - A un anno dal sequestro di Silvia Romano in Kenya, una serata per non spegnere i riflettori sulla volontaria milanese. L’ha organizzata Amnesty International, allo spazio Hug di via Venini, mentre si avvicina l’anniversario della scomparsa della cooperante di 24 anni, avvenuta il 20 novembre del 2018, con un blitz nel villaggio di Chakama. «Chiediamo al governo italiano una dichiarazione ufficiale sullo stato delle indagini in corso e un impegno a 360 gradi affinché Silvia possa fare presto ritorno a casa, sana e salva. Il riserbo dura da troppo tempo. Vogliamo avere la certezza che si stanno percorrendo tutte le strade possibili. L’oblio è il peggior pericolo. È necessario tenere viva l’attenzione perché si prosegua con le indagini e ci sia una svolta per questo caso», incalza Paolo Pobbiati, ex presidente di Amnesty International Italia.

Partita per seguire un progetto educativo per la onlus Africa Milele, il sequestro di Silvia rimane avvolto nel mistero. «Quando è arrivata la notizia del rapimento per noi è stato duro. Molti dei nostri soci conoscevano Silvia e i suoi genitori» ricorda Giorgio Calabria dell’associazione “Amici del Parco Trotter”, quartiere dove la giovane è cresciuta e ha studiato. L’associazione annuncia un’altra iniziativa per tenere accesi i riflettori il 23 novembre, con la marcia dei diritti dei bambini: «Tutta la comunità e il quartiere sono vicini alla famiglia e a Silvia. Deve tornare a casa». Le ultime novità dal Paese africano non sono però esaltanti. Pochi giorni fa è diventato irreperibile Ibrahim Adan Omar, uno dei presunti rapitori: non si è presentato in aula, a Malindi, per il processo a suo carico che si sta trascinando fra lentezze e rinvii. La prossima udienza è rinviata con una macabra coincidenza proprio al 20 novembre.

Assieme a Adan Omar sono coinvolti due presunti componenti del commando che ha prelevato Silvia nel villaggio: Abdulla Gababa Wario e Moses Luwali Chembe. Dei tre, solo Abdulla Gababa Wario è in carcere. Sia Ibrahim, che è fuggito, che Chembe sono riusciti a uscire pagando una cauzione di 26mila euro stabilita dai giudici, somma enorme per il Paese africano. Ibrahim è un insegnante di religione islamica: nascondeva una delle armi usate nel blitz a Chakama e le ultime piste portano proprio al suo Paese di origine, la Somalia, dove è radicato il gruppo jihadista Al-Shabaab che si finanzia anche con sequestri di persona. «Chiediamo a tutti, non solo ai leader mondiali, di stare dalla parte di chi difende i diritti umani e di proteggere le persone coraggiose come Silvia» è l’appello di Milica Sazdanovic, di Amnesty. L’ong promuoverà una raccolta di messaggi di solidarietà sul suo sito.

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