Si fa scuola in 28 ospedali "Ora allarghiamo la rete"

La Regione firma un protocollo con l’Ufficio scolastico per potenziare il servizio. Nel Milanese 12 strutture offrono lezioni ai ragazzi degenti. In tre province nessuna

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di Giulia Bonezzi

In Lombardia sono 28 gli ospedali che “fanno scuola”, nel senso letterale d’esser sede di sezioni ospedaliere di istituti scolastici statali che garantiscono ai bambini e ai ragazzini ricoverati per lunghi periodi di non interrompere il loro percorso di studi (e lo facevano anche prima dell’esplosione della didattica a distanza con la pandemia da Covid-19). La rete delle "scuole in ospedale" non è però egualmente distribuita sul territorio lombardo. Quasi metà (12) sono in provincia di Milano: nove in città (all’Istituto dei tumori, al pediatrico Buzzi, al Fatebenefratelli, al Niguarda, al Policlinico, al San Paolo, al San Carlo, al Gaetano Pini e nel privato convenzionato San Raffaele Ville Turro), e tre nell’hinterland (al Salvini di Garbagnate, al Bassini di Cinisello e all’ospedale di Vizzolo Predabissi).

Nella Bergamasca sono quattro (al Papa Giovanni, negli ospedali di Seriate e Caravaggio e al Policlinico di Ponte San Pietro, altro privato accreditato), mentre nel Bresciano, la seconda provincia di Lombardia con 1,2 milioni di abitanti, le "scuole in ospedale" sono solo due (al Civile e a Esine in Valcamonica). Cioè quante ne contano le province di Como (al Sant’Anna e al Sant’Antonio Abate di Cantù) e di Monza (sia al San Gerardo che presso la Fondazione Mbbm), mentre il Lecchese ha tre ospedali “scolastici“ (i pubblici Manzoni e San Leopoldo Mandic di Merate e l’Irccs Medea di Bosisio Parini, privato specializzato in neuroriabilitazione). Il Lodigiano (al Maggiore), il Mantovano (al Poma) e il Pavese (al San Matteo) ne hanno una. La provincia di Varese, quella di Cremona e la Valtellina, nessuna "scuola in ospedale". Questa è la situazione, fotografata quasi completamente in uno schema di protocollo d’intesa tra la Regione e l’Ufficio scolastico regionale approvato a Palazzo Lombardia su proposta della vicepresidente e assessore al Welfare Letizia Moratti.

L’obiettivo è allargare e potenziare questa rete delle "scuole in ospedale", che fornisce anche un servizio d’istruzione domiciliare ad alunni impossibilitati a frequentare per almeno 30 giorni dell’anno scolastico, e che da dieci anni è coordinata da un tavolo tecnico all’Ufficio scolastico (ex Provveditorato) per la Lombardia. E dunque, aggiungere sezioni ospedaliere in altri presidi e province, ma pure "promuovere lo sviluppo di reti tra scuole, strutture sanitarie ed enti locali per sostenere i servizi di scuola in ospedale e istruzione domiciliare", farli conoscere e, lato Regione, anche dare indicazioni alle articolazioni del servizio sanitario lombardo, le Asst, per regolare le attività di scuola in ospedale. Per aspetti molto pratici, come mettere a disposizione locali adeguati e attrezzati, dispositivi di protezione, vaccinazioni e copertura assicurativa anche ai docenti, ma anche sotto un profilo più di sistema, come "favorire il mantenimento delle relazioni con le scuole di appartenenza dei degenti-alunni" e la "collaborazione" tra personale sanitario e docente.

"Vogliamo riconoscere e valorizzare la scuola in ospedale come progetto di tutela globale dei ragazzi ricoverati, visti non solo come pazienti o alunni, condiviso tra tutti gli operatori con cui sono in contatto", spiega la vicepresidente Moratti. Il protocollo, aggiunge l’assessore all’Istruzione Fabrizio Sala, "conferma la sinergia che Regione sta portando avanti in ogni settore con l’Ufficio scolastico regionale".

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