Scontri prima di Inter-Napoli, cade l’omertà: spuntano nomi di leader e gregari

Decine di tifosi ascoltati in Questura. Nuovo interrogatorio per il 'pentito'Luca Da Ros: "Ora proteggetelo da ritorsioni"

Gli scontri in occasione di Inter-Napoli

Gli scontri in occasione di Inter-Napoli

Milano, 3 gennaio 2019 - Pochi minuti per violare un codice non scritto, quello che impone di tenere la bocca cucita e non fare nomi o soprannomi, come quello del “Rosso” Marco Piovella, un leader dei Boys della curva nord dell’Inter. Una manciata di secondi che hanno segnato uno spartiacque nella vita del 21enne incensurato Luca Da Ros, uno degli ultras nerazzurri arrestati per la guerriglia di Santo Stefano prima del match con il Napoli al Meazza, nella quale è morto il tifoso del Varese Daniele “Dede” Belardinelli, investito da un’auto pirata.

Ha scelto di collaborare nel corso dell’interrogatorio di garanzia davanti al gip Guido Salvini, indicando Piovella come uno dei capi che portarono i tifosi scatenati in via Novara e chiamando in causa i vertici dei tre storici gruppi della curva: Boys, Viking e Irriducibili. Ma non è il solo ad aver parlato: anche in seguito ad altre testimonianze sarebbero stati raccolti nuovi nomi di persone che, in qualità di leader o gregari, avrebbero partecipato al raid contro i partenopei diretti allo stadio. Gli agenti della Digos stanno sentendo decine di tifosi. Dopo i riconoscimenti effettuati grazie a riprese delle telecamere stradali e video amatoriali, gli ultras che erano a volto scoperto o che sono stati riconosciuti vengono convocati in via Questura e ascoltati. Gli investigatori raccolgono elementi per ricostruire l’organizzazione dell’assalto e dare un volto al pirata della strada. Potrebbe trattarsi di un tifoso diretto allo stadio, che avrebbe investito l’ultrà del Varese (forse già a terra dopo essere stato urtato da un’altra vettura) nel tentativo di allontanarsi dal luogo degli scontri. Intanto Luca Da Ros - il primo a rompere il muro di omertà - verrà interrogato nei prossimi giorni dai pm Michela Bordieri e Rosaria Stagnaro, coordinati dall’aggiunto Letizia Mannella. Potrebbe fornire altri elementi utili per le indagini. Per ora resta a San Vittore, dopo che il gip Salvini ha convalidato l’arresto e ha disposto la custodia cautelare in carcere.

«Sta bene ma è anche spaventato per la situazione che si è creata - spiega il suo difensore, l’avvocato Alberto Tucci -. In carcere è al sicuro, quando uscirà potrebbe essere opportuno disporre qualche misura per proteggerlo. Non ci sono segnali diretti di possibili ritorsioni, ma non si può mai essere sicuri. Si tratta di un ragazzo di 21 anni, coinvolto in una cosa più grande di lui». Le minacce però sono già arrivate sui social, dove Da Ros è stato definito «infame» o «spione», paragonato ai collaboratori di giustizia di Cosa Nostra. E il suo profilo, dove pubblicava decine di immagini e coreografie della curva nerazzurra, slogan ultrà e sfide alle squadre avversarie, è scomparso da Facebook. «Il nostro capo, quello che ha in mano la curva, si chiama il Rosso (ossia il capo ultrà Marco Piovella arrestato lunedì, ndr). È lui che sposta la gente, è lui che decide», aveva messo a verbale davanti al gip Da Ros. «Il Rosso ha detto andiamo e io sono andato. Siamo partiti tutti in macchina - ha aggiunto - eravamo circa 120 persone». Un ruolo da “burattino”, secondo le sue dichiarazioni, nelle mani dei leader della curva. L’unico che, annota il gip, «nel corso dell’interrogatorio ha mostrato una assai maggiore disponibilità a ricostruire i fatti e consapevolezza della gravità di quanto avvenuto», a differenza di Francesco Baj e Simone Tira, gli altri due ultras finiti in cella subito dopo gli scontri, che hanno tenuto la bocca cucita. Intanto si attende ancora l’autopsia sul cadavere di Belardinelli, che potrebbe fornire altri elementi per ricostruire la dinamica. Gli ultras del Varese hanno lanciato un raccolta fondi, per «permettere ai suoi due figli, il suo orgoglio più grande, di realizzarsi nello studio e nello sport».

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