Milano, Sala: "I centri sociali fanno cultura e aggregazione"

Il sindaco: non mi faccio condizionare dalla destra, non sono il male assoluto e in questa emergenza si sono rimboccati le maniche

ll sindaco Beppe Sala

Il Lavoratori dello spettacolo incontrano il Sindaco Giuseppe Sala, Triennale di MIlano,, Milano 24 Giugno 2020, ANSA/Andrea Fasani.

Milano, 18 luglio 2020 - Quello degli spazi occupati e dei centri sociali «è un tema difficile, ma è un tema, e fare di tutta l’erba un fascio è sbagliato. Io non mi farò condizionare dalla destra che dipinge i centri sociali come il male assoluto». Parole di Giuseppe Sala, che ha risposto così ad una delle domande che gli sono state poste nel corso di un’intervista a Radio Popolare. Una domanda riferita, in particolare, al Torchiera e al Lambretta.

«Avete fatto esempi di centri sociali che durante l’emergenza si sono rimboccati le maniche, hanno aiutato a portare gli alimenti a chi era in difficoltà – ha sottolineato, a tal proposito, il primo cittadino –. Non è facile per noi, io cerco di applicare tutte le formule utili ad evitare che si creino problemi e di riconoscere che, alla fine, parliamo di spazi sociali che forniscono una produzione culturale alternativa, un’aggregazione a basso costo, svolgono una funzione molto contemporanea. I leghisti potranno ironizzare sulle mia parole ma questa è la realtà». Sala ha quindi chiarito che si tratta di «situazioni illegittime» ma ha aggiunto: «Devo dire che quasi sempre gli spazi sociali occupati ci hanno chiesto negli anni di trovare delle soluzioni per legalizzare la loro situazione.

Il punto è che le norme che abbiamo non prevedono una linea di interlocuzione privilegiata. Per regolarizzare uno spazio pubblico, devo metterlo a bando e possono risultare vincitori gli attuali occupanti o altri». Come forse ricorderà, nei cinque anni precedenti a quelli di Sala, furono il sindaco Giuliano Pisapia e la sua Giunta a lavorare alla regolarizzazione del centro sociale più noto della città: il Leoncavallo. Lo schema d’accordo era stato definito ma in dirittura d’arrivo la regolarizzazione infine sfumò. 

Le dichiarazioni del sindaco provocano poi la reazione del centrodestra milanese, come da lui stesso previsto. «Le parole di Sala sono indegne di chi ricopre una carica così importante – insorge Silvia Sardone, europarlmentare e consigliere comunale della Lega –: parlare dei centri sociali come luoghi di cultura e aggregazione è una vergogna che Milano non si merita. Dire che verranno applicate “tutte le formule per cercare di evitare altri problemi” significa che il Comune di Milano sta dalla parte dei delinquenti che si impadroniscono di immobili pubblici e privati per farci affari senza pagare tasse». 

Sul tema interviene anche Riccardo De Corato, assessore regionale alla Sicurezza ed esponente di Fratelli d’Italia: «Il male assoluto è altro, ha affermato il primo cittadino. Certo, ma ciò non significa che allora, visto che c’è di peggio, i milanesi debbano farsi andar bene le situazioni d’illegalità create da antagonisti e anarchici». Non solo centri sociali, però. Nel corso dell’intervista, il sindaco ha ribadito di non voler tagliare servizi, a fronte della congiuntura critica creata dal Coronavirus, e per questo chiede per Milano la possibilità di fare debito. «Io sto dicendo al Governo: o ci date i fondi voi oppure ci permettete di indebitarci – ha scandito Sala –. Ne ho parlato con il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri anche di recente, la soluzione bisogna trovarla perché il bisogno è evidente. Oggi legalmente un istituto di credito non può finanziarmi un debito per le partite correnti – ha spiegato il primo cittadino –. Le grandi città si riprenderanno anche prima ma nel breve periodo pagano un prezzo più alto». 

Milano «ha un debito di 3,4 miliardi che è del tutto sostenibile, se oggi potessi, mi prenderei il rischio di indebitare il Comune di Milano per aiutare chi ha bisogno e poi recupereremo più avanti. Questo è quello che andrebbe fatto ma ci si scontra con le regole che il Governo ci dà. Per questo ne sto discutendo perché adesso tagliare i servizi ai cittadini è veramente un delitto». Inevitabile, poi, una domanda sull’eventuale ricandidatura a sindaco di Milano a giugno del 2021. «La mia perplessità – ha risposto Sala – non è di natura politica ma personale. Se uno si candida a fare il sindaco di Milano non può dire, dopo due anni, non ce la faccio più perché candidarsi a sindaco è una promessa di impegno per cinque anni. Io vengo da 10 anni di vita molto sacrificata, voglio solo essere lucido sul fatto di potercela fare, non ho ambizioni di fare altro – ha assicurato il primo cittadino in riferimento alle voci che lo vogliono interessato alla ribalta politica nazionale –. Per prendere la decisone non mi confronterò con i protagonisti del mondo politico ma con miei amici. Posso solo garantire che ci sto pensando seriamente».  

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