Fidanzati aggrediti, lo stupratore s’è vantato con gli amici

Via Chopin, il profilo di Villa. Nel 2017 inventò: "Mi hanno rapito"

Freylin Lopez Villa, colombiano  di 25 anni

Freylin Lopez Villa, colombiano di 25 anni

Milano, 16 marzo 2018 -  Dice di ricordare solo una parte di quella drammatica serata: «La rapina, non lo stupro». Dice che la sua mente era annebbiata da «funghi allucinogeni». È la versione che Freylin Lopez Villa, colombiano di 25 anni, avrebbe fornito agli investigatori subito dopo la cattura in un parchetto di via Varsavia. Una versione auto-assolutoria che non convince affatto i carabinieri, convinti invece che lunedì sera il ragazzo fosse pienamente consapevole di quello che stava facendo. Un orrore andato avanti per più di mezz’ora, tra le 22.30 e le 23.05, in fondo a via Chopin (strada che il bruto conosce perché ha frequentato un centro sportivo in zona): prima il pestaggio del 23enne, poi la violenza sessuale ai danni della 19enne sotto la minaccia di una pistola-giocattolo sprovvista di tappo rosso. Poi la fuga a bordo della Fiat punto grigia della coppia. Proprio il ritrovamento dell’auto nel primo pomeriggio di mercoledì, grazie a una segnalazione anonima che la polizia ha «girato» ai militari, ha indirizzato le indagini fino alla svolta di ieri notte.

Sì, perché Lopez Villa, forse sicuro di averla fatta franca, ha posteggiato l’utilitaria sotto casa di una familiare, in via del Turchino, per di più in corrispondenza di un attraversamento pedonale. Un errore al quale ne sono seguiti altri. A cominciare dal fatto che a un certo punto il 25enne ha riacceso lo smartphone rubato al 23enne in via Chopin, agganciando così una delle celle telefoniche della zona Calvairate. Di più. Lopez Villa avrebbe pure parlato ai suoi amici dell’episodio, come a vantarsi di quello che aveva fatto. Un dialogo captato da una persona che frequenta il quartiere e che ne ha riferito il contenuto ai carabinieri di Romana Vittoria, stazione guidata dal maresciallo Giuseppe Palumbo che ha sviluppato negli anni una profonda conoscenza del territorio di competenza. Tasselli di un puzzle che si sono incastrati ora dopo ora e che all’una di ieri hanno portato all’individuazione del sospettato: se ne stava seduto su una panchina a bere birra con due conoscenti estranei alla vicenda. Non ha opposto resistenza, ma ha perso quel sorriso sfrontato che esibiva nelle foto sui social (fondamentali per il riconoscimento da parte delle vittime).

Poco lontano, in una fioriera, i militari della Monforte, coordinati dal maggiore Maurizio De Angelis hanno rinvenuto la pistola finta. E a casa dei parenti gli abiti che indossava quattro giorni fa. Elementi che vanno a costruire un quadro indiziario «molto solido» per i pm. Precedenti per minacce e porto abusivo di coltello, nell’aprile del 2017 si presentò in caserma per denunciare un finto rapimento: «Mi hanno sequestrato». I carabinieri indagarono, ma alla fine si scoprì che era tutto falso. E il colombiano finì denunciato per simulazione di reato.

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