Quei brandelli di manifesti ormai superati

Piero

Lotito

La carta costa sempre più, e a quanto pare i partiti politici hanno deciso di risparmiare. I tabelloni elettorali rimangono vuoti a una decina di giorni dalle votazioni. Ma correggiamo: rimangono semivuoti, con i maggiori candidati in una sola posa accompagnata dai loro slogan: il "Pronti", lo "Scegli", il "Credo", il "Sul serio", la "Parte giusta", la vecchia "Scelta di campo". Non illudiamoci, non è la voglia di risparmiare a rendere deserti i quadri di zinco che anche questa volta (l’ultima?) popolano le strade delle nostre città in una sorta di mostra astratta: a suo tempo già strappati ma ancora tenacemente attaccati a brandelli sulla "tela", i vecchi manifesti vi riaffiorano come fantastiche composizioni pop, rivelando qui un orecchio, là un naso, di sopra una mano, di sotto un pezzo di cravatta. Desolantemente espressivi e buoni magari per essere venduti all’asta, quei quadri, perché c’è sempre qualche ricco pieno di genio che compra cose inutili. I manifesti appaiono un residuato di antiche passioni, quando allo sguardo che correva sui tabelloni un sorriso accattivante poteva anche apparire meritevole d’un voto. A Milano come altrove ci si chiede se non sia il caso di tappare i buchi sui marciapiedi dove a ogni tornata vengono infilate le palafitte elettorali. La pubblicità commerciale si fa sempre più raffinata ed efficace (anche quella su carta), e quella elettorale rimane giocata su vecchi schemi e vecchie idee. Tra i nostri politici, poi, mancano i volti bellissimi e gli stessi loro addetti alla comunicazione non possiedono il mestiere e l’inventiva dei pubblicitari. Conta il modo e ciò che viene detto, l’immagine fissa è superata. Ecco la corsa alle partecipazioni televisive e alla grande arena dei social, che sembrano dimostrare come gli elettori ora vogliano il massimo di comodità: magari votando anche da casa, senza scheda e senza matita. Con un clic.