Preti pedofili, la denuncia: "Noi, vittime di abusi ancora abbandonate"

Francesco Zanardi, fondatore della Rete L’Abuso-Associazione sopravvissuti agli abusi sessuali del clero: il vero passo avanti sarebbe una commissione d’inchiesta

Francesco Zanardi, fondatore della Rete L’Abuso

Francesco Zanardi, fondatore della Rete L’Abuso

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Milano - "In Italia ci sono 23 strutture per curare i preti e neanche una per le vittime di abusi: servirebbe ben altro che una preghiera". Francesco Zanardi, fondatore della Rete L’Abuso-Associazione sopravvissuti agli abusi sessuali del clero, guarda con scetticismo alla decisione dell’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, di celebrare oggi la messa in Duomo per le vittime di violenze. "Anch’io ho subito abusi – spiega – e in Italia siamo senza giustizia e abbandonati, anche dallo Stato".

La messa in Duomo è la tappa di un percorso della Cei e della Diocesi di Milano. Indica una presa di coscienza sul problema? "Preferiremmo vedere, piuttosto, l’istituzione di una commissione d’inchiesta sugli abusi sessuali, come è stato fatto in altri Paesi europei, da ultimo il Portogallo. Sarebbe un punto di partenza, anche perché dalle indagini all’estero emergono dati sconcertanti". Quali? "In Francia sono 216mila i sopravvissuti “viventi“ ad abusi sessuali su minori da parte del clero, secondo il Rapporto Ciase, con circa tremila preti pedofili. In Italia, facendo una stima, il numero potrebbe triplicare. Noi abbiamo portato l’Italia davanti alle Nazioni Unite e all’Europa, ma non si è ancora mosso nulla". Che cosa blocca l’apertura di una commissione d’inchiesta? "Il problema è politico, perché nessuno vuole andare contro il Vaticano. Per questo un segnale forte deve arrivare dall’Unione Europea". La Diocesi di Milano, però, ha istituito nel 2019 il Referente per la tutela dei minori, ci sono stati protocolli e in generale passi avanti da parte del mondo cattolico. "Iniziative come gli sportelli per raccogliere le segnalazioni delle vittime di abusi non hanno senso, e le abbiamo anche denunciate al Garante della Privacy. Le vittime, in buona fede, rilasciano dichiarazioni che poi non si sa dove finiscono, senza alcun controllo sulla privacy. Dichiarazioni che poi finiscono anche nelle mani del legale del prete. Le denunce devono essere presentate all’autorità giudiziaria, e per ora a farlo sono solo le vittime e le loro famiglie. Bisogna evitare che sacerdoti sottoposti a indagini continuino a rimanere a contatto con i minori, magari dopo il trasferimento in altre città". Quanti casi sta seguendo la vostra rete in Lombardia? "Stiamo seguendo sei casi, tra cui quelli di don Galli, don Tempesta, don Lucchina, dell’ex seminarista di Cuggiono. A Pavia siamo presenti nel processo a carico di don Silverio Mura, accusato di aver usato un falso nome quando aveva svolto il suo ministero in provincia. La vittima di abusi, a Napoli, ha ottenuto intanto un risarcimento di circa 120mila euro". Che cosa la spinge ad andare avanti? "Ho subito anch’io abusi, altrimenti solo un pazzo potrebbe portare avanti una battaglia del genere. Finora sono stato querelato 70 volte, e nessun giudice mi ha condannato".  

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