Milano, i giudici negano il rientro al poliziotto no vax

Sospeso un assistente capo del Reparto mobile. Il Tar: "L’obbligo vaccinale per il comparto sicurezza tutela la salute pubblica"

Gli uomini del Reparto mobile impegnati in una manifestazione dei no vax

Gli uomini del Reparto mobile impegnati in una manifestazione dei no vax

Milano - L’obbligo è entrato in vigore il 15 dicembre, con 5 giorni di tempo per produrre la documentazione che attestasse l’avvenuta vaccinazione o la prenotazione per immunizzarsi nei 20 giorni successivi. Scaduti i termini, è scattata la sospensione dall’esercizio dell’attività lavorativa. Un destino comune ai no vax irriducibili che lavorano nell’amministrazione delle strutture sanitarie, nelle scuole, nelle carceri e nelle forze dell’ordine. Tra loro, si scopre ora da un decreto cautelare del Tar, c’è anche un assistente capo del III Reparto mobile di stanza nella caserma Annarumma di via Cagni, di cui fanno parte gli agenti che si occupano di garantire ordine e sicurezza durante le manifestazioni sportive e di piazza: il 21 dicembre, il suo dirigente gli ha notificato il provvedimento.

Conseguenze: nessuna sanzione disciplinare e conservazione del rapporto di lavoro, ma niente retribuzione base né "altro compenso o emolumento". Il poliziotto, assistito dall’avvocato Luigi Doria, ha immediatamente presentato ricorso per chiedere la sospensiva cautelare. Ieri il presidente del Tribunale amministrativo della Lombardia Domenico Giordano ha respinto l’istanza: "L’estensione dell’obbligo vaccinale al personale del comparto sicurezza e soccorso pubblico, in una grave situazione emergenziale epidemiologica su scala globale, risponde al fine primario di tutelare la salute pubblica e prevenire la diffusione dell’infezione da Sars-Cov-2". In tale contesto, "la temporanea sospensione dal servizio fino alla data della prima camera di consiglio utile per l’esame collegiale non determina l’insorgere di un pregiudizio avente i connotati di estrema gravità e urgenza"; considerato anche "che il pregiudizio lamentato ha carattere economico ed è pertanto ristorabile, in caso di esito favorevole dell’impugnazione proposta".

Tutto rimandato, quindi, all’udienza in calendario il prossimo 12 gennaio. In ogni caso, il decreto di Giordano si inserisce nel solco di altre decisioni identiche prese nei mesi scorsi dal Tar, in quei casi su ricorsi presentati da medici e infermieri. A inizio ottobre, ad esempio, i giudici avevano argomentato così il "no" a un tecnico radiologo lasciato a casa il 27 luglio dall’Asst Ovest Milanese: "Nel bilanciamento dei contrapposti interessi", la spiegazione, va riconosciuta "prevalenza alla tutela della salute pubblica rispetto alla comunque temporanea compressione del diritto al lavoro dell’operatore sanitario che non intenda assoggettarsi all’obbligo vaccinale". Una linea ribadita nelle ultime ore ancora dal Tar, che ha negato il rientro a un’infermiera professionale di una struttura sanitaria convenzionata sospesa il primo ottobre dall’Ats Milano Città Metropolitana: "L’introduzione dell’obbligo vaccinale per il personale sanitario, in una grave situazione emergenziale epidemiologica su scala globale, risponde al fine primario “di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza”".

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