Orchi e sport, il rischio è ovunque. La psicologa: "Occhi aperti contro i pedofili"

Troppe le situazioni di abusi e violenze sessuali sui minori, come confermatoci dalle testimonianze delle stesse vittime, di tecnici e dirigenti

bambini in campo

bambini in campo

Milano, 9 dicembre 2018 - Subdoli. Ingannevoli. Quasi “invisibili”. Si aggirano silenziosi nei sottoboschi più oscuri degli ambienti sportivi, adescano le prede offrendo o promettendo qualcosa. Troppe le situazioni di abusi e violenze sessuali sui minori, come confermatoci dalle testimonianze delle stesse vittime, di tecnici e dirigenti. Perciò abbiamo sentito Elena Giulia Montorsi, psicologa dello sport e psicoterapeuta, per capire prima di tutto come difendersi dagli orchi che frequentano campi di gioco e spogliatoi. «La prevenzione - dice - è fondamentale, e la formazione nei corsi del Coni e i controlli sono importanti. È necessario che tutti gli allenatori seguano le linee guida di un codice etico e comportamentale, dobbiamo renderci conto che anche le semplici “battute” possono essere parecchio fastidiose. Il primo concetto cui prestare attenzione è quello della “comunicazione”, poi ovviamente ci sono tutti gli altri aspetti a cui dirigenze e famiglie devono fare attenzione per proteggere i ragazzi...».

Che hanno forse il compito più difficile...

«Di sicuro i dirigenti devono avere gli occhi ben aperti soprattutto nei confronti di allenatori e istruttori. Per quel che riguarda i genitori, a loro spetta insegnare ai figli a riconoscere i comportamenti giusti in se stessi e negli altri. Insegniamo loro a capire quando un adulto non li rispetta o li umilia dentro e fuori dal campo o fa richieste inappropriate. Questi comportamenti non vanno accettati e in quel caso bisogna parlarne subito con la famiglia, che deve prendere poi i giusti provvedimenti».

Secondo lei ci sono ambienti sportivi più a rischio di altri?

«Credo non ci sia una disciplina sportiva in particolare dove esiste un pericolo maggiore. Il problema è uno: il rischio c’è dove gli adulti incontrano i ragazzi, quindi purtroppo può accadere ovunque. E quando si incontrano adulti con certi atteggiamenti e devianze si deve impedire loro di avvicinarsi ai giovani».

Lei si occupa soprattutto di sport equestri e negli ultimi mesi si sono registrati diversi casi di presunti abusi. Su quelli accertati le condanne sono state pesanti. Possibile che il marcio sia anche in discipline considerate d’elitè?

«È lo sport in generale che prevede un rapporto fra istruttori e allievi. E questo succede pure negli sport equestri, anche se è vero, si crede che negli sport minori certe cose non possano accadere».

È molto sottile il confine nel rapporto istruttore-allieva?

«Il confine è sottile ma decisamente netto, ci sono comportamenti giusti e comportamenti sbagliati. Definire e sapere cosa è giusto e cosa è sbagliato aiuta tutti a stare nella parte corretta dello sport e lascia ai giovani la possibilità di essere giovani e vivere in libertà e sicurezza la propria età».

Bisogna preoccuparsi quando un atleta giovanissimo si chiude nel silenzio?

«I fattori potrebbero essere tanti: non solo motivi legati allo sport. Diciamo che il mutismo di un ragazzo è sempre preoccupante perché segnala malessere e va capito il perché».

Come si riconosce un pedofilo in un ambiente sportivo?

“Quando l’allenatore esce dal suo ruolo qualche domanda ce la si deve porre. Perché il ruolo dell’allenatore deve essere chiaro e non può sconfinare in altre funzioni se non quello dell’istruttore-educatore sportivo».

Può capitare che qualche azione sia travisata, magari un semplice abbraccio affettuoso confuso con un gesto sessuale?

«Deve essere un abbraccio davvero “particolare”, differente dall’abbraccio di congratulazioni. Ci sono allenatori che danno pacche sulle spalle, ma sono gratificanti, non sono sbagliate».

Secondo lei c’è ancora tanta omertà in materia di molestie sessuali?

«Assolutamente sì. Per vergogna e per paura. Le vittime hanno il terrore di non essere credute. Ma questo non succede solo nello sport, coloro che denunciano spesso si sentono sole ed emarginate dall’ambiente che le circonda, questo deve cambiare».

La casistica dice che spesso il mostro torna a “colpire” dopo aver agito una prima volta...

«Però se c’è una condanna penale i controlli dovrebbero essere più semplici. Da questo punto di vista le società, i centri sportivi e le Federazioni devono dimostrarsi seri e scrupolosi».

Se fosse un dirigente chiederebbe agli allenatori o ai tecnici di restare sempre in due negli spogliatoi, come succede spesso nel calcio giovanile?

«Sicuro. Un’ottima soluzione».

Il consiglio che si sente di dare ai genitori.

«Da una parte fidarsi dello sport, perché è uno strumento educativo potentissimo perché lo sport è scuola di vita. Dall’altra, però, avere sempre gli occhi aperti. Questi “mostri” esistono e sono poco visibili».

(3 - continua)

 

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