Omicidio via Piranesi: "Dopo cena l’ho soffocata, poi sono andato a dormire in hotel"

Pietro Carlo Artusi, che aveva già confessato il delitto, nell'interrogatorio ha precisato meglio i tempi e le modalità dell’omicidio

Roberta Priore, trovata morta nella casa di via Piranesi

Roberta Priore, trovata morta nella casa di via Piranesi

Milano, 23 marzo 2019 - Sarebbe morta domenica sera Roberta Priore, non lunedì mattina. E dopo l’omicidio, Pietro Carlo Artusi avrebbe trascorso alcune ore in un hotel. Davanti al gip Alessandra Cecchelli, che l’ha sentito ieri mattina a San Vittore per l’interrogatorio di convalida, l’uomo che aveva già confessato al pm Grazia Colacicco di aver ucciso la sua compagna ha confermato tutto il racconto. E rispondendo alle domande del giudice ha precisato meglio i tempi e le modalità dell’omicidio.

Artusi, 48enne, una laurea in Ingegneria lasciata nel cassetto, disoccupato da tempo, ha ripetuto di aver ucciso Roberta premendole un cuscino sul volto al termine di una furibonda lite, prima della quale, sempre stando al racconto dell’uomo, i due avrebbero consumato cocaina. Le tensioni nella coppia sarebbero cominciate a cena, in un ristorante in zona Ortica. Una «banale» discussione cominciata, sembra, «per motivi di gelosia nei confronti della Priore», come ha spiegato il capo della Squadra mobile Lorenzo Bucossi. La situazione si sarebbe poi calmata, ma solo perché i due si sarebbero allontanati separatamente. Le discussioni sarebbero infatti riprese una volta ritrovatisi nell’appartamento, con oggetti scagliati per tutta casa, fino al tragico epilogo col cuscino schiacciato sul volto della donna per impedirle di gridare. L’omicidio sarebbe avvenuto dunque la stessa domenica sera, orario compatibile con quanto riferito dal medico legale agli investigatori. Sul corpo della vittima sono state trovate leggere bruciature dovute a pezzi di carta data alle fiamme dall’uomo, in un tentativo assurdo di sbarazzarsi del corpo. Nel primo pomeriggio di martedì, Artusi avrebbe staccato i tubi del gas con l’intenzione di uccidersi, ma poi era uscito di casa «perché - ha detto - non ho avuto il coraggio di ammazzarmi». A dare l’allarme, attorno alle 16, era stata la figlia di Roberta perché non aveva notizie della madre da giorni e non riceveva risposta suonando al campanello.

Lei e Artusi si frequentavano solo da quattro mesi, ma la polizia era già dovuta salire in quell’appartamento altre due volte. L’11 marzo, di notte la richiesta di intervento è arrivata da un vicino di casa, spaventato per le urla della donna. Il 14, invece, la volante era giunta su chiamata dello stesso Artusi. I poliziotti, quella volta, avevano trovato una situazione tranquilla. «Mi insultava mentre guardava gli altri uomini e flirtava con un cliente al bancone», ha farneticato. Artusi, covando odio, è quindi rientrato a casa prima e lei lo aveva raggiunto dopo in taxi. L’uomo ha sottolineato di essere stato bersaglio di lanci di oggetti e che la donna avrebbe pure afferrato un coltello dalla cucina per poi dirigersi verso di lui. «Allora ho preso il cucino e l’ho uccisa».

 

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