Tragedia a Baggio, accoltella il fratello e poi si toglie la vita

Le vittime hanno 38 e 41 anni. “Il piccolo” beveva, fumava ed era sempre nervoso

Omicidio-suicidio a Baggio

Omicidio-suicidio a Baggio

Milano, 19 agosto 2019 -  «Era difficile vivere in casa con lui: beveva di continuo, era sempre agitato e disturbava anche a notte fonda». Gli amici che ieri si sono presentati, scioccati, al cancello di via Valle Anzasca 11 al quartiere Baggio, non potevano immaginare la tragedia.

«Lui», Zamir Uddin, 38 anni, bengalese, è stato trovato impiccato al balcone di casa, al primo piano. Al collo un pezzo di stoffa, forse di un lenzuolo, trasformato in cappio. Tragedia nella tragedia: in casa c’era il corpo di suo fratello maggiore Abdul Hai, 41 anni, in mezzo a una pozza di sangue, ucciso con numerose coltellate. L’arma, una grossa lama da cucina, era buttata, insanguinata, dentro una fioriera sul balcone. Anche se le indagini della Squadra mobile sono ancora in corso, gli elementi raccolti dalla polizia lasciano pensare a un omicidio-suicidio: Zamir Uddin che uccide Abdul Hai al culmine di una lite e poi, forse per la disperazione, i sensi di colpa e la paura, si toglie la vita impiccandosi.

«Ho sentito delle urla alle 2.30 di notte», racconta Viorica, una donna romena che abita in una palazzina dall’altro lato della strada. Nel condominio di tre piani con 12 appartamenti in cui i due fratelli abitavano, la gente ricorda liti e urla frequenti «perché Zamir era una testa calda». Ma non aveva idea di chi fosse, il residente che ieri alle 10 ha segnalato alla polizia la presenza di «un uomo impiccato» che ha visto dalla finestra di casa sua, in via Bagarotti, distante poche decine di metri dal balcone dei due fratelli. Una domenica mattina con risveglio da film horror. Ma non era finzione.

Sul posto le Volanti della polizia e i vigili del fuoco, la Squadra mobile e la Scientifica. Chi erano, i due fratelli? «Erano originari di Tangail - racconta Jahan, un amico comune, pure lui bengalese - Paese in cui tuttora risiedono le mogli di entrambi e i figli di Abdul, che lavorava come venditore ambulante di abbigliamento nei mercati e cercava di portare il fratello sulla retta via spronandolo a cercare lavoro. “Il piccolo” però non ne voleva sapere, beveva, fumava ed era sempre nervoso. Io mi ero offerto di dare una mano ad Abdul a cercare un coinquilino ma nessuno voleva vivere in quella casa proprio per il carattere problematico di suo fratello. L’ho salutato per l’ultima volta sabato sera, ci siamo incontrati al supermercato». Un ex coinquilino racconta di aver resistito per un anno e mezzo, «sono andato via circa un anno fa. Per un posto letto pagavo 250 euro al mese. Ma c’erano discussioni continue».

L’ennesima lite deve aver acceso la rabbia di Uddin Zamir, l’altra notte. Ad alimentarla, con tutta probabilità, l’alcol. «Una famiglia sfortunata - continua Jahan -. Erano 5 fratelli, in 3 vivevano a Milano. L’altro fratello è morto lo scorso febbraio a Sesto San Giovanni, travolto da un’auto mentre andava in bicicletta». Adesso «cerchiamo di stare vicini ai loro familiari al paese. Un amico li ha avvisati. Abbiamo intenzione di celebrare una commemorazione qui, prima dei funerali che saranno in Bangladesh».

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