Omicidio nel box a Cernusco, via al processo

Per l’assassinio premeditato di Donato Carbone sono in tribunale i tre sospettati di essere il mandante, il killer e il gregario

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di Barbara Calderola

Il mandante, il killer e il gregario. Tutti e tre alla sbarra per l’assassinio premeditato di Donato Carbone, l’usuraio di Cernusco freddato con 11 colpi di pistola, 8 a segno, davanti al box di casa 15 mesi fa. Ieri in tribunale a Milano è iniziato il processo contro il vecchio boss Leonardo La Grassa, referente dei Corleonesi a Milano negli anni Ottanta, che ordinò il delitto, l’esecutore materiale Edoardo Sabbatino e il complice Giuseppe Del Bravo. Sono tutti imputati di omicidio aggravato, porto abusivo d’armi e ricettazione. Dopo avere lasciato l’ex socio a terra morto, il commando si era riunito in un bar di Cologno: una telecamera li aveva ripresi mentre alzavano il calice per brindare. A loro, i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, guidati dai tenenti colonnelli Antonio Coppola e Cataldo Pantaleo, sono arrivati proprio grazie a una serie di immagini riprese dai circuiti di videosorveglianza, incastrati con un’indagine "alla Maigret", partendo dalle righe di una felpa di Sabbatino.

Due le pistole usate il 16 ottobre 2019 alle 18.30 in via don Milani 17 – una Makarov 9x18 clandestina – estratta dopo che l’altra, una Beretta 9x21 con matricola abrasa, si era inceppata al terzo colpo. All’inizio, i bossoli trovati a terra avevano fatto pensare agli uomini della Omicidi di via Moscova a un agguato mafioso. A innescare la vendetta, invece, probabilmente è stata una pendenza tra la vittima e l’ex narcotrafficante, che si conoscevano da anni. Sullo sfondo, il mondo del prestito a strozzo, una pista confermata dalle parole di Angela Carbone poche ore dopo la morte del padre: "Adesso sai quanti stanno festeggiando? I debiti svaniscono nel momento in cui il creditore non c’è più". Un giro di assegni in bianco firmati, ritrovati nell’appartamento di famiglia, ha corroborato l’intuizione. Dietro al "nonno della porta accanto", così i vicini hanno descritto Donato Carbone "schivo, riservato, mai una parola fuori posto", c’era ben altro. Tutto ruota attorno ai suoi rapporti con La Grassa, 73 anni, 22 dei quali trascorsi in carcere. È lui che decise di fargliela pagare assoldando Sabbatino e l’amico Del Bravo. Furono loro a rubare nel bresciano la Opel Corsa usata quella sera.

Fatale per la banda, la targa dell’utilitaria annotata dalla condomina alla quale l’assassino intimò di aprire il cancello per fuggire. Un percorso interamente catturato dagli occhi elettronici e subito decifrato dagli inquirenti.

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