MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Novant’anni di storia. La scuola “Leonardo“ inaugurata dal re: "È la nostra infanzia"

L’anniversario a Città studi con i primi alunni, oggi nonni. Tra gli ex allievi Paolo Maldini, Sandra Mondaini e Gad Lerner.

Novant’anni di storia. La scuola “Leonardo“ inaugurata dal re: "È la nostra infanzia"

Novant’anni di storia. La scuola “Leonardo“ inaugurata dal re: "È la nostra infanzia"

Negli stessi corridoi camminano nonni e nipoti. Insieme guardano foto in bianco e nero e pagelle d’altri tempi. I primi fanno un tuffo nel passato, i piccoli scoprono un altro mondo. "Tanti bambini parlavano dialetto in classe. Attorno c’erano campi e cascine. Sui banchi si sedavano figli di contadini e “piccole principesse“ che avevano l’istitutrice a casa e che sapevano il francese. Ma per i maestri eravamo tutti uguali". Rimettendo piede in questo luogo, Giulia Aloni, ottantenne, che frequentò la primaria “Leonardo Da Vinci“ tra il 1949 e il 1955, torna bambina. Non solo lei ma anche tutti gli altri ex alunni che sono stati ospiti speciali, ieri, nella giornata di festa dedicata ai 90 anni (più uno) della scuola di Città Studi organizzata dall’associazione dei genitori Amici della Leonardo insieme all’associazione sportiva. L’inaugurazione del plesso risale al 19 aprile 1933, quando erano state ultimate l’ala centrale e quella femminile. L’anno successivo fu completata anche la porzione maschile. Ed era il 10 maggio 1933 quando la “Leonardo“ fu visitata da re Vittorio Emanuele III. Un mondo lontanissimo. "La scuola, con 800 alunni, mantiene il suo dna ma segue il passo della società che cambia", parole del dirigente scolastico Antonio Re. Ed è vero che le differenze si assottigliano, tra i banchi. Da sempre. "Dico, con riconoscenza, che è la scuola che mi ha fatto diventare cittadino italiano, ben prima che riuscissi a ottenere il passaporto di questo Belpaese". A scriverlo è il giornalista Gad Lerner, originario di Beirut, tra gli ex studenti illustri, che ha inviato un suo messaggio in occasione dell’anniversario importante. "Una maestra a cui non smetto di pensare con amore e riconoscenza, Ada Fiecchi, faceva l’appello (“Adobbati, Bernini, Bolzern…”) e iniziava a darci una lingua e una storia comuni, a farci sentire tutti uguali. Io venivo dall’altra sponda del mare, ma vi assicuro che anche i miei compagni arrivati dal Polesine, dalla Puglia, dalla Sardegna, avevano le mie stesse difficoltà con la lingua. Da quella Babele uscimmo tutti insieme cittadini, uniti più che mai. Festeggiammo nel 1961 il centenario dell’unità d’Italia. A noi che abbiamo vissuto quella esperienza di integrazione, ci fanno un baffo le polemiche pretestuose sui troppi alunni stranieri per classe".

Cresciuta sui banchi della “Leonardo“ anche Sandra Mondaini, l’attrice, conduttrice televisiva e cantante scomparsa nel 2010 e mai dimenticata, così come Raimondo Vianello, con il quale ha condiviso la vita e la carriera. Ma anche Paolo Maldini, il celebre difensore rossonero considerato tra i migliori della storia del calcio, ha imparato a leggere e scrivere in piazza Leonardo. "Io – scrive una sua coetanea su Facebook – ti vidi giocare la prima volta al torneo della scuola elementare, la mitica Leonardo da Vinci. Eri già un fuoriclasse". Allievo di questa scuola è stato, più di recente, lo youtuber e cantante Fabio Rovazzi, trentenne. Ma nelle aule delle elementari di Città Studi ha studiato pure Aldo Ceccato, direttore d’orchestra di fama internazionale, che quest’anno ha compiuto 90 anni. Come la sua scuola. "Mi spiace non poter partecipare alla festa della Leonardo da Vinci – è la sua lettera, letta ieri dalla nipote Elena, a sua volta ex allieva del plesso – perché, seppur per soli due anni (prima e seconda elementare) ho dei ricordi incancellabili. Il più profondo è dedicato alla mia maestra Fantini, meravigliosa insegnante, e al direttore Bianchi (Piero Bianchi, ndr, che rimase in servizio fino al 1956, come la prima segretaria Edvige Locatelli). Poi, la terribile guerra mi ha impedito di continuare a frequentare questa scuola, ritenuta ai tempi modello di serietà educativa. Grazie per riportarmi ai tempi positivi della mia infanzia". Presente all’appello, ieri, Adriana Giussani Kleinefeld, nata nel 1937, che fino al 1945 non ha potuto frequentare la scuola in quanto "bambina ebrea".

Tanti, gli “amarcord“ raccolti nella Sala dei ricordi allestita per l’occasione e per la quale era stato lanciato un appello in quartiere, nelle scorse settimane. La giornata è stata scandita da una serie di attività in piazza e dentro l’edificio, tra cui “i giochi di una volta“, letture animate, spettacoli teatrali e ciclofficina, ed è cominciata con i saluti istituzionali: presenti l’assessore comunale alla Cultura Tommaso Sacchi e la presidente del Municipio 3 Caterina Antola, che ha studiato proprio alla “Leonardo“ ("la nostra “scuola di famiglia“. Mia zia, Titti Antola, era qui nel 1933). Posto d’onore tra gli ex allievi “istituzionali“ alla vicesindaca Anna Scavuzzo. Tanti mostrano fieri le fotografie di decenni fa e anche i quaderni, conservati con cura. Giulia Aloni ha con sé un oggetto speciale: un pupazzo. "Si chiama Carletto Leopardino. La mia maestra, Luisa Bencini, lo tirò fuori il primo giorno di scuola per far tornare il sorriso a chi piangeva per il distacco dai genitori. Per tutti e 5 gli anni fu la nostra mascotte". E la signora Aloni, che nella vita è poi diventata a sua volta insegnante, di Lettere, alle scuole superiori, lo ha ricevuto in dono dalla stessa maestra. "Era una donna eccezionale. Diceva che ognuna di noi (la classe era femminile ma lavoravamo in sinergia con una classe maschile) sapeva fare qualcosa di speciale e faceva in modo che ci aiutassimo l’un l’altra. Nessuna di noi si sentiva superiore". Torna bambina pure l’ottantenne Renata Barberis, che alla Leonardo ieri ha portato un cartellone realizzato da sé con foto di classe e avvisi di un tempo. "Ci muovevamo come dei soldati, c’era moltissima disciplina – racconta –. La seconda guerra mondiale era finita da poco e ogni aula era intitolata a un caduto. Ricordo che dovevamo alternarci, portando a turno un mazzolino di fiori freschi, in modo che ogni caduto avesse il suo omaggio per tutto l’anno. Non era una grossa spesa per le famiglie, perché le classi erano formate da 40 bambini e i fiori si cambiavano una volta a settimana". Anche la signora Renata, poi, è diventata insegnante. Di religione. Un aneddoto dei tempi di scuola? "Nel tema in cui mi si chiedeva di descrivere la mia compagna di banco scrissi “Non è molto intelligente“. La maestra mi sgridò ma io non capivo perché, visto che la mia compagna di banco non riusciva mai a risolvere i problemi di aritmetica. Questa storia, oggi, mi fa sorridere".