Museo del Novecento, causa per 600 opere: a rischio la donazione di Bertolini

L’erede del collezionista chiede indietro i capolavori per vizi nell’atto: processo in corso. Il Comune: richieste infondate

Museo del Novecento

Museo del Novecento

Da Jannis Kounellis ad Andy Warhol, passando per Domenico Paladino e Rainer Fetting, fino a Maria Lassnig, Rodolfo Aricò e Mario Schifano. Il Museo del Novecento rischia di perdere capolavori del valore inestimabile di alcuni dei più grandi artisti del secolo scorso. Parliamo di 600 opere che il collezionista d’arte Mario Bertolini ha donato nel 2014 al Museo milanese ospitato in uno dei due Arengari (in attesa che si estenda anche nel secondo Arengario). Opere della collezione “Bianca e Mario Bertolini’’ che ora l’unica erede del collezionista rivendica attraverso una causa davanti al Tribunale di Brescia, asserendo la nullità della donazione per supposti vizi di forma e un preteso inadempimento del Comune (proprietario del Museo del Novecento) a uno degli oneri posti a suo tempo a carico della stessa amministrazione, cioè la riserva di godimento riguardante una parte, peraltro molto ridotta, delle opere donate.

Ma ripartiamo dall’inizio. Mario Bertolini, grande appassionato di arte contemporanea, dagli anni Settanta assiduo frequentatore delle gallerie d’arte milanesi, ha accumulato in quattro decenni una collezione di assoluto valore artistico, che fin dal 2012 ha annunciato di voler donare. Un’intenzione che si è concretizzata nel 2014, quando, come accennato all’inizio, la collezione è stata regalata al Comune di Milano per essere collocata nel Museo del Novecento. Nell’accordo tra Bertolini e Palazzo Marino era prevista l’organizzazione di una mostra, “Nuovi Arrivi’’ che si è regolarmente svolta dal 15 maggio al 1° novembre 2015. proprio durante i mesi dell’Expo 2015. Una parte delle opere presenti nella mostra, che avrebbe dovuto essere riconsegnata a Bertolini al termine dell’esposizione, è stata lasciata nel Museo del Novecento per volontà dello stesso donante. Il collezionista ha motivato la sua rinuncia alla riconsegna anche a causa della morte della sorella, a favore della quale Mario Bertolini aveva voluto inserire nella donazione al Comune e al Museo del Novecento la clausola del godimento esclusivo di alcune opere delle sua collezione, clausola che per l’interessato aveva esaurito la sua finalità nel momento della scomparsa della sorella.

Fin qui, tutto bene: la storia di un mecenate esperto d’arte che quando vede all’orizzonte il termine della sua vita vuole donare la sua collezione alla collettività, in questo caso a un Museo della sua amata Milano. Ma, verso la fine del 2017, il Comune ha appreso, da una richiesta di incontro dell’unica erede di Bertolini, rivolta alla Direzione del Museo del Novecento, che il collezionista d’arte era stato assoggettato ad amministrazione di sostegno (Ads) nell’ottobre del 2017. E nel 2020 la stessa erede ha promosso un giudizio per accertamento tecnico preventivo (Atp) sul valore delle opere donate, accertamento che si è interrotto in seguito alla morte di Mario Bertolini. Nel 2021, però, l’erede ha deciso di chiedere al Tribunale di Brescia che la donazione della collezione venga annullata e le opere restituite.

Il Comune, però, non ha nessuna intenzione di ridare indietro le preziose opere d’arte donate al Museo del Novecento da Mario Bertolini e si è costituito in giudizio per difendere l’amministrazione dalle rivendicazioni dell’erede del collezionista. "I motivi azionati dalla controparte appaiono inammissibili ed infondati", si legge nella delibera con cui Palazzo Marino ha deciso di farsi parte attiva nel procedimento giudiziario. E ancora: "La circostanza che gli atti di donazione in questione, avente ad oggetto beni culturali, siano stati rogati dal segretario generale del Comune, ben lungi dal costituire un vizio dell’atto – come pare adombrare l’attrice –, costituisce invece una corretta e ordinaria attività amministrativa, prevista dalla normativa vigente". Non solo. "La validità degli atti sottoscritti dal donante avanti al segretario generale – continua la delibera – non può essere messa in dubbio dal presunto peggioramento delle condizioni di salute del donante stesso già a partire dai mesi immediatamente successivi alla donazione e dalla diminuita capacità di intendere e di volere insinuata dall’attrice". L’ultima parola sul contenzioso ora spetta ai giudici di Brescia.  

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